"DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI"
DI DANIEL VERONESE
TEATRO ELFO PUCCINI DI MILANO
Questo testo, uno dei più riusciti e
rappresentativi dell'opera di Daniel Veronese, mostra da subito una
qualità di ambiguità e mistero, oltre che un singolare andamento
strutturale. L'architettura dell'opera contiene infatti uno
sfasamento temporale: le scene sono 5, ma non si succedono secondo un
ordine cronologico.
Lucera, il personaggio più giovane,
prova a ricostruire dolorosamente la sua memoria: è una figlia di
desaparecidos, è una tra i tanti strappati alle famiglie originarie
e affidati a persone vicine al regime, durante la feroce dittatura
militare che ha coinvolto l'Argentina tra il '76 e l’83.
Bugie,
tradimenti, sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole, si
alternano e accavallano in un'atmosfera torbida e tragicomica.
Note di regia
“Un’opera teatrale inizia ad
accadere sulla scena. Non succede nella testa dell’autore, né in
quella del regista e nemmeno in quella degli attori. Accade proprio
lì, sulla scena. Il teatro è quello che succede non quello che si
dice. Teatro è accadimento. Noi non siamo abituati a vedere questo.
Siamo abituati a vedere cose finte. La gente va a vedere delle
falsità. Siamo abituati a essere molto comprensivi con il teatro.
Non sto dicendo che sia facile o che io riesca ad ottenerlo, però la
mia intenzione è riuscire a creare un tipo di realtà che ha a che
fare con questo…”
Questa riflessione poetica di Daniel
Veronese mi tocca da vicino, sento che ha che fare con il mio
percorso. Anche nei miei precedenti lavori vedevo nel realismo
scenico e nella tensione verso un principio di verità scenica gli
elementi fondamentali della mia ricerca. Mujeres sonaron caballos è
un testo complesso, volutamente ambiguo, con un’architettura quasi
inesplicabile e una struttura indeterminata, una anti-struttura.
Nonostante ciò il testo deve essere attuato dagli attori in una
modalità vitale, immediata, spontanea, lontana da ogni forma di
estetica surreale. La realtà, innanzitutto, la vita prima di ogni
altra cosa. In quest’opera gli enigmi non vengono risolti e i nodi
non sono mai sciolti. Del resto ci sono risposte alla crudeltà?
All’ineluttabilità della violenza? Non credo. Nel mistero della
vita forse troviamo qualcosa.
Ho provato a lavorare con gli attori
partendo dal loro vissuto, ho cercato di costruire un gruppo forte
che potesse ricreare in scena delle relazioni forti, reali, vive.
L’obiettivo – spero riuscito – è che gli spettatori sentano di
essere dentro questa piccola stanza accanto ai sei personaggi. Come
se partecipassero direttamente a questa strana cena in un microcosmo
violento e nello stesso tempo ironico, ricco di humor nero. In
Mujeres, la violenza nella famiglia e nelle coppie rima con la
violenza della Storia. La stanza è veramente piccola, manca l’aria,
è asfissiante, viene voglia di fuggire, di andarsene lontano come
Lucera. Fuggire dalla violenza, una volta per tutte.
Roberto Rustioni
DANIEL VERONESE nato l'8 novembre del
1955 a Buenos Aires, è una delle figure di riferimento del teatro
argentino nel periodo della post-dittatura. Inizia a lavorare
all'inizio degli anni ‘90, fondando El Periférico de Objetos,
collettivo di teatro di figura "per adulti".
Contemporaneamente Veronese inizia a scrivere testi propri,
drammaturgie frammentarie, sospese in un presente "contaminato",
popolato da personaggi spesso senza nome e "psicologia".
Sul finire dei ‘90 il drammaturgo argentino diventa anche regista,
dapprima mettendo in scena propri testi, tra cui anche "Mujeres
sonaron caballos", e negli ultimi anni indagando le scritture di
Ibsen, Jon Fosse, Cechov , quest'ultimo molto amato dall'autore
argentino. Buenos Aires - città che dopo la crisi economica del 2001
ha visto un'esplosione di esperienze teatrali- è considerata la
città più "teatrale" del mondo e Daniel Veronese è
riconosciuto come "maestro" da molti, al punto che anche
grazie alla sua pratica in Argentina oggi è comune scrivere
drammaturgie e metterle in scena allo stesso tempo. Veronese è stato
selezionatore del Festival Internacional de Teatro de Buenos Aires e
i suoi spettacoli sono stati ospitati nei maggiori festival europei e
sudamericani.
Dalla rassegna stampa
Ogni azione allora potrebbe succedere o
non essere realmente accaduta perché quello che alla fine conta
drammaturgicamente – e in questo la regia di Rustioni è
trasparente e determinante – è il contenuto psicologico-emotivo:
tutto si regge sulle azioni e reazioni comportamentali dei sei
personaggi. Čechoviano è dunque l’approccio, lo studio dei ruoli
che si costruiscono, articolano e anche si distruggono attorno al
tavolo (...). La loro è una guerra inclusiva mirante
all’esacerbazione tanto di se stessi che del legame, apparente, che
li mantiene uniti e li definisce come una famiglia.
Čechov si fa dunque carnale e sensuale
nel testo del drammaturgo argentino ed “esaltato” nella regia di
Rustioni.
Lucia Medri, Teatro e Critica
Adattamento e regia Roberto Rustioni
con Valeria Angelozzi, Maria Pilar
Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Federico
Benvenuto/Valentino Mannias
assistente alla regia Soraya Secci
scene e costumi Sabrina Cuccu
assistente scenografo Sergio Mancosu
luci Matteo Zanda
foto Alessandro Cani
co-produzione Fattore K – Sardegna
Teatro - Festival delle Colline torinesi
con il sostegno di Fondazione Olinda
Teatro La Cucina
16 – 20 MAGGIO | SALA FASSBINDER -
Martedì/sabato h 21.00, dom. h 16.30 - Intero € 32.50 - Ridotto
giovani e anziani € 17 - Martedì € 21,50 - Durata 90 minuti -
Prenotazioni e prevendita: tel.
02.0066.06.06 - biglietteria@elfo.org - www.elfo.org
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