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mercoledì 22 gennaio 2020


PALAZZO DELLA CANCELLERIA DI ROMA
"DUE UOMINI, DUE CIVILTÀ"
DI ANNAMARIA WALDMULLER VOLPI
REGIA DI MARIANO BAUDUIN

Il 24 e 25 gennaio 2020 
La storia di Giovan Battista Sidotti, sacerdote palermitano martirizzato in Giappone nel 1715

Dopo il debutto la scorsa estate alla Chiesa dello Spasimo di Palermo, venerdì 24 e sabato 25 gennaio torna in scena al Palazzo della Cancelleria di Roma Due uomini, due civiltà, opera teatrale sulla figura di Padre Giovan Battista Sidotti scritta da Annamaria Waldmüller Volpi per la regia e le musiche di Mariano Bauduin.
Figura singolare e poco conosciuta, di nobile famiglia palermitana, Sidotti (o Sidoti) visse una vita avventurosa ed eroica. Partito da solo in missione per il lontano e allora sconosciuto Oriente, subì il martirio in Giappone nel 1715. La sua storia eroica, il suo amore per la conoscenza, il suo fervente cristianesimo sono oggi divenuti la trama di Due uomini, Due civiltà, spettacolo che vede in scena Mario Zucca nei panni di Sidoti e Maurizio Murano nel ruolo del maestro confuciano Arai. Li affiancano Sergio Del Prete (narratore/Shogun); Patrizia Spinosi e Lello Giulivo che danno voce ad Haru e Chosuke, i due servitori che Sidotti converte, violando i divieti che l’avrebbero lasciato in vita,  Francesco Tornatore e Gianandrea Ventrella nella veste di mimi. Le scene le firma Nicola Rubertelli, i costumi Marianna Carbone e le luci Daniele Naldi, mentre le elaborazioni musicali sono a cura di Michele Bonè. La produzione è de Gli Alberi di Canto Teatro, la compagnia fondata da Bauduin, compositore e regista di lirica e di prosa, formatosi con Roberto De Simone.

La storia di Due uomini, due civiltà
È una storia di destini incrociati, quella che ha portato alla messa in scena di Due uomini, due civiltà nel capoluogo siciliano, che inizia nel lontano 1992.  Quando Annamaria si recò nell’isola di Yakushima, inviata dalla NHK (Radio e Televisione Nazionale Giapponese) per un servizio internazionale, non su Sidoti, ma sui cedri dell'isola che sarebbero divenuti patrimonio dell'Unesco. L’autrice di Due uomini, due civiltà ha vissuto, infatti, quasi trent’anni in Giappone, dove per 25 anni è stata dipendente per i programmi destinati all’estero della NHK e in seguito corrispondente de “Il Giornale” per l’Asia.

Nel ricordo di Annamaria Waldmüller Volpi è come se Sidotti avesse voluto incontrarla attraverso l’allora governatore di Yakushima. «Mi raccontò», dice, «di un altro italiano arrivato ‘clandestino’ sull’isola 300 anni prima, che non aveva ricevuto la mia stessa cordiale accoglienza. Anzi fu incatenato e rischiò la pena capitale. Quell’italiano era il padre Giovan Battista Sidotti. Quasi sconosciuta nel nostro Paese, al contrario di molti missionari famosi che andarono e vissero in Giappone, la sua storia era molto nota in quell’isola all’estremo confine dell’arcipelago giapponese».  Rammenta che, in quell’occasione, sentì quasi il dovere di ricercare le tracce di Sidotti e di scrivere di lui: «La sua memoria rimase in un angolo della mia mente e nei miei appunti. Senza una ragione precisa ogni tanto mi riaffiorava il suo nome, riaccendendo la mia affettuosa curiosità. Alcuni anni dopo con l'indispensabile aiuto di uno studioso (il gesuita Padre Pier Paolo del Campana) andai alla ricerca di Sidotti e lo ritrovai nei documenti scritti da Arai Hakuseki, dotto filologo e braccio destro del generale Tokugawa, in quegli anni l’uomo più potente del Giappone. E’ il resoconto di quattro anni di dialogo con Sidotti imprigionato a Edo, come allora si chiamava Tokyo».

Lo Spettacolo
Il regista Mariano Bauduin spiega: «Il nostro lavoro si muove in un panorama di enorme interesse per il personaggio di Sidotti e per il contesto in cui avvennero gli eventi che lo hanno interessato. Vuole raccontare un universo, una cultura, una civiltà in conflitto con il resto del mondo, forse con sé stessa, e di un uomo che ne ha tentato un cambiamento dall’interno, a costo della propria vita. Lo spettacolo si configura come emblematica lettura critica e artistica, partendo dal documento storico e dal testo di Annamaria Waldmüller per svilupparne una lettura critica e poetica. L’impianto scenico e quello dei costumi è un’elaborazione e una creazione di elementi storici, resi meta-storici, e quindi poetici. È nostra intenzione “tessere” un percorso sonoro all’interno della storia che andremo a rappresentare. Il racconto del padre Sidotti e dei suoi rapporti con Arai diventeranno la metafora di un racconto dentro e fuori dal Tempo, in un momento di intolleranze e prepotenze. La loro storia potrebbe diventare emblematica per raccontare e capire meglio anche la nostra epoca».

Giovan Battista Sidoti o Sidotti (Palermo 1667-Edo 1715)
Sacerdote secolare di nobile famiglia palermitana, venne ordinato a Roma. Uomo di profondi studi, fu sedotto dalla storia dei Cristiani in Oriente Nel 1702 partì da Genova alla volta di Manila. Ma la sua meta ultima era il Giappone. Era il tempo del “paese in catene” (1637-1868): chiunque sbarcava nell’arcipelago del Sol levante era punito con la morte. Pur non avendo ancora ottenuto il permesso papale, nel 1708 Sidotti riuscì su una piccola barca ad approdare nell’isola di Yakushima.  La sua dote principale era il coraggio: per salvare le anime era disposto a pagare con la vita, sfidando le terribili leggi dello shogunato. Preso prigioniero fu portato a Edo, dove conobbe il maestro confuciano Arai Hakuseki (Edo 1657- 1725), scrittore prolifico, filologo e politologo, maestro di Ienobu Tokugawa, il vero padrone del Giappone di allora. Arai ha lasciato nei suoi scritti tracce indelebili di Sidotti e dell’incontro/scontro fra due culture che ha caratterizzato le loro frequenti discussioni. Ha raccontato di Sidoti, delle loro conversazioni e della sua morte in “Seiyo Kibun”, una raccolta in 3 volumi, il primo dei quali interamente dedicato ai loro dialoghi. Il terzo volume contiene una riflessione sul Cristianesimo in parallelo al Buddismo.

Giovan Battista Sidotti fu martirizzato in Giappone nel 1715 per aver convertito, nonostante il divieto, i suoi servitori nella casa/carcere dove era relegato.  Il permesso papale per recarsi in Giappone arrivò soltanto dopo la sua morte. Adesso a Palermo è in corso la sua causa di beatificazione. Nel 2014 in un antico cimitero cristiano nell’area di Tokyo, sono stati trovati dopo 300 anni i suoi resti mortali sui quali sono stati condotte approfonditi esami del Dna, che ne hanno accertato l’autenticità.

Due uomini, due civiltà
di Annamaria Waldmueller
con Maurizio Murano (Arai) , Mario Zucca (Sidotti) , Paolo Romano (Narratore) , Sergio del Prete (Shimazu/Shogun) , Patrizia Spinosi (Haru), Lello Giulivo (Chosuke), Francesco Tornatore (Mimo), Giandandrea Ventrella (Mimo)
Regia e musiche Mariano Bauduin
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Marianna Carbone
Light designer Daniele Naldi
Chitarra ed elaborazioni musicali Michele Bonè
Assistente alla regia Gianandrea Ventrella
Assistente scenografico Fabio Marroncelli
Assistente costumista Rosario Martone
Direzione organizzativa Rosa Manfredi
Segreteria organizzativa Valeria Mazzone
Direttore di scena Gaetano Amore
Produzione e organizzazione Gli Alberi di Canto Teatro
Trasporti Liberato s.r.l.
Laboratorio scenografia
Maestri di Scena Laboratorio sartoria C.T.N. 75 - Sartoria Teatrale Canzanella di Vincenzo Canzanella
Assistente di sartoria Davide Orlando
Calzature Epoca Parrucche Artimmagine
Service luci e audio / materiali tecnici Job Service
Fotografo di scena Francesco Squeglia

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