"ATTI OSCENI"
I TRE PROCESSI DI OSCAR WILDE
DI MOISES KAUFMAN
TEATRO ELFO PUCCINI DI MILANO
Atti osceni, che torna in scena dopo il successo del 2017, è
parte di un dittico di spettacoli che Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
hanno dedicato a Wilde e compone, con L’importanza di chiamarsi Ernesto, un
grande affresco concepito per contrasti. Al capolavoro di eleganza e di satira
con il quale lo scrittore irlandese aveva fatto a pezzi l’ipocrisia della sua
epoca fa da specchio questo dramma che racconta i suoi ultimi anni, quando
venne messo alla gogna dal conformismo della società vittoriana che prima lo
aveva osannato.
E se L’importanza di chiamarsi Ernesto nella versione di Bruni
e Frongia è una commedia dominata da atmosfere e colori sgargianti, questo
secondo spettacolo vive di chiaroscuri e tagli di luce che ricreano l’aula di
tribunale in cui vanno in scena i tre processi che coinvolsero Wilde nel 1895.
L’intricata vicenda è ricostruita da Moisés Kaufman in questo bellissimo testo
che riesce ad aprire squarci commoventi e poetici nel serrato dibattito
giudiziario.
Uno spettacolo che travalica i confini di un’appassionante
ricostruzione storica per trasformarsi in un rito teatrale in cui si parla di
arte e di libertà, di sesso e di passione, interpretato da un gruppo di nove
attori, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Riccardo Buffonini, Giuseppe Lanino,
Edoardo Chiabolotti, Giusto Cucchiarini, Ludovico D'Agostino, Filippo Quezel,
guidati da Giovanni Franzoni nella parte protagonista.
Dalla rassegna stampa
Fu un linciaggio, perpetrato dalla società benpensante
contro il brillante irlandese che pur divertendola l’aveva sfidata. In Atti
osceni, scritta cento anni dopo i fatti, l’illustre regista-autore newyorchese
di origine venezuelana Moisés Kaufman lo racconta mediante un abile,
appassionante montaggio di documenti tratti dai verbali giudiziari e da molte
altre testimonianze. Nell’eccellente, veramente eccellente (ritmo, chiarezza,
vivacità, umorismo) edizione diretta da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia quest’uno
è Giovanni Franzoni, un Wilde prima sprezzante e ironico, quindi smarrito e
addirittura trasognato, ma, nella convinzione delle proprie idee come
nell’ammissione delle proprie debolezze, eroico.
Masolino d’Amico, La Stampa
I testimoni, gli avvocati, gli accusatori, gli sciagurati
compagni di bisboccia, il pubblico di questa specie di apologo fortissimo, sia
nella caduta fatale che nella sua presa di coscienza, hanno trovato in Giovanni
Franzoni un attore di rara intensità, perfetta "copia" dell'immagine
dello scrittore proiettata sul fondo della scena che ricrea con una
penetrazione inquietante e ricca di sfumature, facendone un personaggio
"vivo". Nel gran numero degli interpreti che in questa ballata
tragica spesso hanno più di un ruolo si distinguono il giovane, navigato Bosie
di Riccardo Buffonini e le incisive maschere di Ciro Masella che è il padre di
Bosie, accusatore, quasi il "killer" di Wilde. Da vedere.
Maria Grazia Gregori, delteatro.it
Catturante, irrequieto, appassionato, lo spettacolo mette in
piazza il calvario in tribunale di un uomo protagonista di avventure giuridiche
nel 1895 per i suoi orientamenti intimi, e per la coerenza nel sostenerli
apertamente in un Regno Unito dove fino al 1954 il vero scandalo sarà
costituito dalla pena carceraria inflitta agli omosessuali (vedi le traversie
di Alan Turing, che finì suicida). Il valore di un testo come Atti osceni è
quello di documentare l’ipocrisia benpensante di un'opinione pubblica che
osteggiò Wilde anche a dispetto del grande successo delle sue pièce. Noi
spettatori siamo in un’aula di giustizia, alle prese col contenzioso legale
nato dall'affronto che Lord Queensberry, il padre di Bosie, il ragazzo amato da
Wilde, riserva allo scrittore, indirizzandogli un biglietto inequivocabile (‘Oscar
Wilde si atteggia a sodomita’), al quale il dandy reagisce con querela il cui
effetto non tarda a ritorcerglisi contro, per via di compromettenti giovinastri
chiamati in causa a riferire dei loro pregressi rapporti mercenari con lui. La
dignità, l'arguzia, lo spirito socratico con cui il Wilde, magnificamente
impersonato da Giovanni Franzoni (capace di flemma, e fulminei aforismi),
s'imbatte in queste marchette assurte a ‘testimoni della regina’ sono un pregio
del copione che Kaufman ha ricavato da verbali e da opere wildiane come il De
Profundis, o la poesia La Casa del Giudizio, nell'italiano di Lucio De
Capitani.
Tutto è governato dall'umana, etica regia di Ferdinando
Bruni e Francesco Frongia, un platonico presidio per la libertà d'espressione. Facendo
leva su un cast di attori interpreti di più ruoli.
Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica
Traduzione Lucio De Capitani
regia, scene e costumi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’agostino
produzione Teatro dell’Elfo
10 gennaio 2020 | ore 18.30 | Spazio Atelier
Per un nuovo teatro epico.
Da Atti osceni a The Laramie Project: il lavoro di Moisés
Kaufman
incontro con Moisés Kaufman (autore), Ferdinando Bruni e
Francesco Frongia (registi)
modera Ira Rubini (Radio Popolare)
(ingresso libero)
TEATRO ELFO PUCCINI,
sala Shakespeare, corso Buenos Aires 33, Milano – Mart/sab 20:30, dom 16:00 -
Prezzi: intero € 33 / martedì posto unico € 22 / rid. giovani e anziani €17,50
/ - Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org -
www.elfo.org
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