PRIMI APPUNTAMENTI
PER IL FESTIVAL DEDICATO
A CARLO COCCIA E AI
MAESTRI DI CAPPELLA
FUORI DI COCCIA
Anteprima Fuori di Coccia
Vespri per soli, coro e organo di
Pietro Generali (1773-1832)
Programma
Beatus vir per soli, coro a 4 voci,
archi e pianoforte
Confitebor tibi Domine per soli, coro a
4 voci, archi e pianoforte
Credidi per soli, coro a 4 voci, archi
e pianoforte
In convertendo per soli, coro a 4 voci,
archi e pianoforte
Laudate Dominum per soli, coro a 4
voci, archi e pianoforte
Direttore Paolo Monticelli
Orchestra della Cappella Musicale del
Duomo di Novara
Coro dell’Istituto e Coro della
Cappella Musicale del Duomo di Novara
Daniele Piscopo, baritono
Sofia Janelidze, mezzosoprano
Riccardo Benlodi, tenore
Giuliano De Luca, ballerino
Ingresso gratuito
Pietro Generali (Roma, 23 ottobre 1773
– Novara, 8 novembre 1832) è stato un compositore italiano.
Il suo cognome era Mercandetti
Generali. Il padre, originario della omonima frazione di Masserano
(BI), adottò solo il secondo cognome quando si trasferì a Roma. In
questa città Pietro poté studiare canto alla Cappella musicale
liberiana della Basilica di Santa Maria Maggiore e successivamente
contrappunto sotto la guida di Giovanni Masi, maestro di cappella e
compositore presso San Giacomo degli Spagnoli. Per un breve periodo
studiò anche a Napoli come egli stesso dichiara in una lettera
inviata a Johann Simon Mayr nel 1810: “Fui in un tempo in
Conservatorio a Napoli... mà di questo non ne debbo fare menzione,
ché di là fuggj dopo quattro mesi, e ritornai dal mio caro Masi”.
A Roma si laureò alla Congregazione di
Santa Cecilia e iniziò a operare come cantante di chiesa e di teatro
e come compositore di musica sacra. Nel 1800 debuttò come operista
con “Gli amanti ridicoli”, ma il suo primo vero successo arrivò
con “Le Gelosie di Giorgio”, farsa rappresentata a Bologna nel
1803, e fu consacrato sulla scena internazionale con “Pamela
nubile”, farsa messa in scena il 12 aprile 1804 al Teatro San
Benedetto di Venezia. Seguirono molte altre farse e opere buffe, fra
le quali si ricordano “Le Lagrime d'una vedova”, “Adelina”,
“Cecchina suonatrice di ghironda”, “La Vedova delirante”,
“Chi non risica non rosica”, “La Contessa di Colle Erboso”,
che vennero scritti per i teatri di Venezia, Bologna, Firenze,
Vicenza, Roma, Milano e Torino. Compose numerose opere serie; tra
queste fu molto applaudito il melodramma eroico “I Baccanti di
Roma”, rappresentato il 14 gennaio 1816 a Venezia al Teatro La
Fenice con Giovanni David e riscritto completamente per Trieste con
il titolo I Baccanali di Roma (giugno 1816).
Nella primavera del 1817 si recò a
Barcellona dove per una stagione e mezza fu direttore del Teatro de
la Santa Cruz. Tornato in Italia nel 1819 dopo un breve soggiorno a
Parigi, dal 1820 al 1823, fu attivo a Napoli come compositore d'opere
e poi a Palermo come direttore del Teatro Carolino (Teatro Santa
Cecilia) dal 1823 alla primavera del 1825, quando fu sostituito,
forse a causa di una malattia, da Gaetano Donizetti. Dopo un breve
soggiorno a Firenze, dove al Teatro della Pergola tenne la prima del
dramma sacro di grande successo “Jefte2, a metà 1827 assunse
l'incarico di maestro di cappella della Cattedrale di Novara, carica
che tenne sino alla morte. In questo periodo rappresentò ancora i
melodrammi “Francesca di Rimini2 (1829) e “Beniowski” (1831)
alla Fenice di Venezia (il primo per l'inaugurazione dei restauri del
teatro con Giuditta Grisi, Marietta Brambilla e Giovanni Battista
Vergere ripreso sia a Venezia sia a Brescia con grande successo), e
“Il Romito di Provenza2 (1831) alla Scala di Milano, produzione che
esteticamente si stacca significativamente da quella precedente
Orchestra della Cappella Musicale del
Duomo di Novara
Coro dell’Istituto e Coro della
Cappella Musicale del Duomo di Novara
La Cappella Musicale del Duomo di
Novara nasce nel 1564 grazie al lascito testamentario
dell’Arcidiacono Melchiorre Langhi. L’attività musicale della
Cappella si protrae ininterrotta fino al 1979, anno nel quale muore
l’ultimo Maestro di Cappella, Luigi Sante Colonna. Nel 1995, dopo
sedici anni di silenzio, rinasce per volontà del Vescovo Mons.
Renato Corti con il nome di Cappella Strumentale del Duomo di Novara.
Negli oltre 4 secoli della sua storia, ha annoverato tra i suoi
Maestri di Cappella personalità del calibro di Michele Varotto,
Carlo Coccia, Saverio Mercadante e molti altri. La Cappella
Strumentale sostiene e accompagna le solenni liturgie presiedute dal
Vescovo e, nel contempo, affianca una intensa attività concertistica
principalmente su due livelli: la riscoperta del patrimonio musicale
antico della città da un lato e la produzione di nuova musica al
servizio della Parola e della Liturgia. Insieme ai Piccoli Cantori
del Duomo e ai Musei della Canonica del Duomo, è parte istituzionale
della Fondazione Amici della Cattedrale di Novara. Con la sua
rinascita, trova nuova vita la più antica Istituzione musicale di
Novara e dell’intera Diocesi. Dal 2016 ha ripreso l’antico nome
di Cappella Musicale del Duomo di Novara. Dal 1995 è diretta da
Paolo Monticelli
Uno degli obiettivi primari della
Cappella Musicale è il recupero delle opere di Isabella Leonarda
(1620-1704), meglio conosciuta come “La Musa Novarese”. La sua
musica è stata presentata in occasioni importanti e particolari,
quali il Festival Internazionale “Donne in Musica” di Fiuggi, il
Festival Internazionale “W. A. Mozart” di Lille (Francia), il
Festival Internazionale di Lipsia (Germania), i Concerti per il
Grande Giubileo dell’anno 2000 a Roma e il Festival di Musica
Antica del Belgio. Oltre a numerosi concerti in Italia ed all’estero
(Lipsia, Zeitz, Bruxelles, Torino, Roma…).
Ha inoltre registrato musiche di
Leonarda per la Radio Vaticana ed ha inciso compact disc con
antologie di musiche della stessa Leonarda, di Maurizio Cazzati, di
autori italiani del primo barocco italico e la “Missa S. Francisci”
di A. Sala. Dal 2004 è stato avviato un grande progetto per
l’incisione discografica (con TACTUS di Bologna) e l’edizione
critica (con la Libreria Musicale Italiana di Lucca) dell’opera
omnia di Isabella Leonarda prevista in venti volumi e venti CD. I CD
sono realizzati dalla Cappella Strumentale in collaborazione con i
più prestigiosi gruppi di musica antica italiani; i venti volumi
dell’edizione critica sono realizzati a cura del Direttore della
Cappella Musicale Paolo Monticelli.
Nel 2005 la Cappella Strumentale è
stata ospite della città di Los Angeles (California, USA) dove,
dietro invito dell’UNESCO di Parigi, è stata invitata a presentare
le musiche di Leonarda al Gran Gala di lunedì 3 ottobre al Teatro
Ricardo Montalban di Hollywood. Il 3 settembre 2006 in occasione
dell’VIII Centenario dell’incoronazione della B.V.M. del S. Monte
di Orta S. Giulio è stata eseguita in prima mondiale la Messa
“Maria, Madre del Redentore” di A. Sala; mentre il 22 ha tenuto
un concerto nel celebre teatro di Lipsia. E ancora, nel maggio 2007,
tra i vari concerti emerge per importanza la prima mondiale, nel
Duomo di Novara, dell’opera “Preghiera Infocata” su testo di S.
Luigi M. Grignion de Montfort e sulla musica di A. Sala con la
partecipazione straordinaria di Claudia Koll.
Anche il 2008 ha avuto il suo culmine
in un’altra prima mondiale nella Collegiata di Varallo Sesia con
l’oratorio “Haec Nova Jerusalem” con testi della S. Scrittura a
cura di don Maurizio Gagliardini e la musica di A. Sala. L’opera è
stata poi replicata a Gerusalemme il 28 giugno nella Cappella del
Pontifical Institute Notre-Dame of Jerusalem Center. La stagione dei
grandi oratori prosegue nel 2010, quando, all’interno del progetto
Passio, viene presentata per la prima volta nella storia della
musica, in lingua italiana l’oratorio della Passione di N.S.G.C.
secondo Luca; l’oratorio verrà poi replicato a Torino nel 2011 e a
Milano nel 2012. Nel 2013 in occasione della chiusura dell’Anno
della Fede, a Varallo, viene eseguito il “Credo” con musiche di
A. Sala. Nel 2014 è stata presentata nel Duomo di Novara e in
occasione del Progetto Passio la seconda Passione musicata da A.
Sala: l’oratorio della Passione di N.S.G.C. secondo Giovanni. Nel
2016 è stata eseguita la Grande Messa in do minore di W. A. Mozart a
conclusione del XXI Sinodo Diocesano. Nell'aprile 2017 la Cappella
Musicale è stata inviata in Canada per una serie di concerti in
occasione del 150° anniversario della Confederazione del Canada
tutti con musiche di Leonarda. Nell'aprile del 2018 ha eseguito il
concerto di chiusura di "Passio 2018" con un grande
concerto sulla musica di G. F. Haendel.
Lunedì 17 settembre, ore 21, Salone
della Prefettura
Apertura Fuori di Coccia
Concerto Barocco
Programma
Alessandro Stradella (1639-1682)
Sinfonia n. 1 in do
maggiore
Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Cantata “Su le sponde del
Tebro”
Sinfonia-Recitativo-Aria-Recitativo-Arioso-Aria-Recitativo-Aria
Giovanni Battista Mazzaferrata (?-1691)
Sonata seconda in re maggiore op. 5 n.
2
Arcangelo Corelli (1653-1713)
Ciaccona in sol maggiore op. 2 n.
12
Georg Muffat (1653-1704)
Sonata in re minore per violino e basso
Alessandro Melani (1639-1703)
Cantata “Qual mormorio giocondo”
Recitativo-Aria-Recitativo-Aria-Recitativo-Aria
Ensemble Barocco dell’ISSM
Conservatorio “Guido Cantelli”
Maria Pahlman, soprano
Gabriele Cassone, tromba
Olivia Centurioni, violino
Vittoria Panato, violino
Gaetano Nasillo, violoncello
Evangelina Mascardi, tiorba
Fabio Bonizzoni, clavicembalo
Ingresso gratuito
Un appuntamento davvero di spicco,
quello proposto per il prossimo 17 settembre dall’Ensemble Barocco
dell’ISSM Conservatorio “Guido Cantelli” di Novara: formazione
blasonata composta da artisti dalla solida formazione specialistica e
dal vasto curriculum di caratura internazionale. Ben noti al grande
pubblico e non solamente alla ‘nicchia’ degli appassionati di
barocco, non a caso vantano collaborazioni con prestigiose
istituzioni, solisti e direttori di fama, una fitta attività
artistica, una cospicua produzione discografica e molto altro ancora,
coniugando gli impegni sul versante esecutivo con l’attività
didattica, in Conservatorio, in occasione di master e quant’altro,
svolta con passione e competenza. Impossibile tratteggiarne, in poche
righe, anche solo per sommi capi l’itinerario artistico di singoli
interpreti e in veste di ensemble.
Affrontano il repertorio antico, o più
propriamente barocco, con rigorosi criteri filologici - in sintonia
con gli attuali standard interpretativi internazionali - lungi da
certa sterile e asettica monocromia oggi tanto di moda - sapendo, al
contrario, dare respiro alla musica seicentesca e
proto-settecentesca, dunque facendola vivere grazie alla sapienza dei
fraseggi, alla bellezza del suono, alla varietà degli abbellimenti e
all’incisiva pregnanza degli accenti posti in atto.
Il programma
Per l’occasione hanno impaginato un
programma variegato e accattivante che alterna pagine strumentali ad
altre in cui è protagonista la voce. In apertura ecco la Sinfonia n.
1 in do maggiore del viterbese Alessandro Stradella (esattamente
originario di Nepi): musicista dalla sterminata produzione e dalla
burrascosa biografia, morto assassinato poco più che quarantenne.
Fuggiasco a Venezia dove trovò ospitalità grazie al mecenate Polo
Michiel, dopo una torbida vicenda di sesso e denaro che lo aveva
visto coinvolto a Roma dove aveva operato per decenni, nel 1677 si
trovò invischiato in una nuovo affaire dacché ‘rapì’ di fatto
la bella (e più o meno consenziente) Agnese Van Uffele amante del
potente Alvise Contarini; i due cercarono riparo a Torino, ma il
Contarini mise alle calcagna della coppia ben due sicari che,
raggiunta la città sabauda, ferirono Stradella. Si diressero allora
a Genova dove Stradella nel gennaio del 1678 iniziò a lavorare
presso il Teatro Falcone dedicandosi ad una attività non meno
frenetica di quella svolta a Roma. Il 25 febbraio del 1682,
all’imbrunire, trovò la morte accoltellato, mentre rincasava:
nonostante varie lettere anonime, nessuno venne mai incolpato
dell’omicidio. Da allora la sua figura è circondata da una sorta
di leggendario fascino. Compose opere teatrali, oratori, cantate
sacre e profane, arie duetti e trii nonché svariate pagine
strumentali. Compositore fecondissimo, s’impone per la modernità
del senso armonico che caratterizza per lo più la sua produzione. Lo
testimonia bene la pagina in programma, la prima delle Sinfonie (in
realtà Sonate a tre e basso continuo) dalla spiccata ritmica, dalla
garbata tornitura melodica e dal sagace intreccio tra gli strumenti.
Poi ecco il palermitano Scarlatti
senjor, lungamente attivo a Napoli dove nacque poi il figlio Domenico
(sommo clavicembalista e coetaneo di Bach e Haendel): in lui si è
soliti riconoscere a buon diritto il vero padre dell’opera barocca;
se le partiture per le scene ammontano a poco meno di una settantina,
il settore delle cantate si presenta a dir poco immenso, con oltre
700 per voce sola, alle quali si aggiungono cantate per due voci e
continuo e cantate con strumenti e continuo, in totale insomma più
di ottocento pagine. Ci viene presentata la cantata profana «Su le
Sponde del Tebro» nella quale due violini e una tromba svolgono la
funzione concertante. Dopo una spumeggiante, armoniosa e icastica
introduzione strumentale (Sinfonia) troviamo la tipica alternanza di
momenti drammatico narrativi (i recitativi) e tratti lirico-effusivi
(le arie) in cui la voce ha modo di espandersi, dando sfogo ai
peculiari ‘affetti’ tipicamente barocchi. C’è spazio per
virtuosismo abbacinante e momenti intimisti, ivi compreso un amabile
arioso. Pagina di sovrumana bellezza con la luminescente timbrica
della tromba che svetta, spesso ‘gareggiando’ idealmente con la
voce. Impossibile non restarne affascinati.
In chiusura della prima parte, la
Sonata op. 5 n. 2 del poco noto Giovanni Battista Mazzaferrata. E
viene legittimamente da domandarsi, come con il Carneade di
manzoniana memoria, chi mai fosse costui. Pavese, allievo di
Tarquinio Merula, si sa che nel 1661 era attivo presso il Duomo di
Vercelli in veste di maestro di cappella. Operò in seguito a
Ferrara, dove ne è attestata la morte nel febbraio del 1691, forse
anche a Siena, Firenze e Lucca. E sarà per la maggioranza una
sorpresa ascoltarne la Sonata seconda appartenente alla raccolta
dell’op. 5 venuta alla luce nel 1674 e contrassegnata
dall’accostamento di movimenti esclusivamente veloci. Di pregio
l’impianto imitativo che vi si può ravvisare.
* * *
Del sommo Corelli, violinista
fusignanese, tra i massimi autori barocchi con Vivaldi, Bach, Haendel
e gli Scarlatti, attivo lungamente a Roma, ci viene proposta la
celeberrima e ingegnosa Ciaccona di cui si sostanzia l’ultima delle
Sonate da camera a tre op. 2 del 1685: vero contraltare della non
meno sublime Follia che magnificamente conclude la silloge delle
Sonate op. 5 date alle stampe nell’anno 1700 con dedica
«all’Altezza Serenissima Elettorale Sofia Carlotta»: ventitré
vertiginose variazioni su un tema popolare di probabile origine
portoghese, trattato con una maestria che ha del prodigioso. Una
curiosità: è nella fastosa Roma barocca di fine ‘600 inizio ‘700
che si trovarono ad operare, l’uno accanto all’altro, Corelli e
Scarlatti ‘padre’; gravitando entro l’elegante entourage della
corte di Cristina di Svezia, entrambi fecero parte dell’Arcadia,
identificandosi - come d’uso - con nomi di fantasia grecizzanti,
allusivi a un mondo bucolico fittizio, idealmente popolato di ‘fide’
ninfe e più o meno innocenti, serafici pastori. Oggi diremmo che
avevano assunto un nickname; di sicuro se fossero vivi apparterebbero
alla stessa piattaforma professionale e sarebbero in contatto
costante magari grazie a Linkedin. Di certo su Facebook, Twitter,
WhatsApp o Instagram non apparirebbero quali Terpandro Azeriano e
Arcomelo Erimanteo (tali i nomi arcadi rispettivamente di Alessandro
e Arcangelo), diversamente a ragion veduta qualcuno si domanderebbe
da quale maledetto pusher si fossero riforniti, sospettando ‘roba’
tagliata di infima qualità.
E dopo questa parentesi pseudo-gossip
ante litteram, non resta che accennare agli ultimi due brani: una
Sonata di Georg Muffat che, originario di Megève in Savoia, fu
attivo a Ingolstadt, Vienna, poi Praga, Salisburgo, Monaco, Augusta e
Passau - allievo di Pasquini e forse amico di Corelli -
principalmente organista, memorabile per la sintesi che seppe operare
tra stile italiano e francese nei paesi tedeschi; quindi da ultimo
ancora la voce, protagonista della cantata «Qual mormorio giocondo»
di Alessandro Melani: pistoiese, esponente di una vera e propria
dinastia di musicisti, fratello del sopranista Atto, al servizio del
Mazarino, poi a Roma. Operista, è autore di un Empio punito,
rappresentata a Palazzo Colonna nel 1669, forse primo lavoro ad avere
per argomento la leggendaria vicenda di Don Giovanni, o il dissoluto
punito. Per fortuna nulla di demoniaco nell’arcadico ‘mormorio’
che lieto e festoso chiude in bellezza un programma di tutto
rispetto.
(Attilio Piovano)
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