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mercoledì 2 dicembre 2015

PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA DELL'OPERA
"LA PAURA"
TRATTA DAL RACCCONTO OMONIMO DI FEDERICO DE ROBERTO

Il Teatro Coccia di Novara prosegue nel suo percorso di apertura verso i compositori e le opere contemporanei. Dopo La gatta bianca di Sandra Conte nel 2013 e Il canto dell’amore trionfante di Paolo Coletta nel 2014, sul prestigioso palco novarese sarà allestita e prodotta una nuova opera contemporanea, scritta e diretta dal giovane compositore Orazio Sciortino e intitolata La Paura (Edizioni Curci in collaborazione con CIDIM), dal racconto omonimo di Federico De Roberto, con libretto di Alberto Mattioli e Orazio Sciortino, per la regia di Simona Marchini, signora del teatro italiano, grande esperta di opera lirica e con all’attivo numerose regie. Cogliendo anche l’occasione delle celebrazioni per il centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, Giovedì 3 dicembre 2015 alle 20.30, andrà in scena sul palco del Teatro Coccia di Novara un titolo che racconta la vita di un “ordinario giorno da soldati”.


L’Orchestra è quella dei Talenti Musicali, orchestra composta da musicisti che grazie a Fondazione CRT si sono perfezionati nelle migliori accademie europee. Nello specifico l’organico strumentale è composto da un flauto, un oboe, un clarinetto, un fagotto, un corno, un tromba, un trombone, due percussionisti, pianoforte e quintetto d’archi.

Personaggi e interpreti: il tenente Alfani è interpretato dal tenore Blagoj Nacoski, il sergente Borga (lombardo) è il baritono Tiziano Castro, il caporale (campano) il basso Daniele Cusari, il soldato Ricci (marchigiano) il tenore Vladimir Reutov.

Il progetto ha, poi, un ulteriore valore: le comparse recitanti e il coro dei soldati saranno interpretati dagli allievi del II e III anno del Corso Attori della STM (Scuola del Teatro Musicale) di Novara, diretta da Marco Iacomelli e Andrea Manara. Un tocco di “novaresità” in più che caratterizzerà ulteriormente l’opera.

La Paura è inserita nel programma ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della prima Guerra Mondiale a cura della Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria del Teatro Coccia (Via Rosselli, 47 a Novara) da martedì a sabato dalle 10.30 alle 18.30 e on line sul sito www.fondazioneteatrococcia.it 7 giorni su 7, 24 ore su 24.

Biglietti dai 15,00 ai 30,00 euro.

LA STORIA

La vicenda si svolge in poche ore, in una trincea italiana sul confine austriaco durante la Prima Guerra Mondiale. I nemici austriaci non danno segni di vita: invisibili e distanti appena cinquecento metri, sembrano concedere una sorta di tregua. Una tranquillità che rende spettrale la natura, inospitali i paesaggi di montagna e, in quel silenzio, il cuore trema. Un improvviso bombardamento da parte austriaca rompe la tregua, un soldato italiano è abbattuto mentre cerca di raggiungere il posto di vedetta. Il tenente Alfani, protagonista dell’intero racconto, si trova costretto a mandare continuamente uomini per difendere il posto di vedetta. Ogni soldato, chiamato a coprire il turno stabilito, sa di essere destinato a morire, manifestando la propria angoscia, ognuno con il proprio dialetto, nel breve colloquio con il tenente. Alfani si fa carico del terrore di ciascuno dei suoi soldati ed è combattuto fra il dovere, sentito e forte, di obbedire ai comandi e la consapevolezza dell’assurdità della morte. Così l’intera opera è scandita dai “ta-pum” dell’invisibile cecchino austriaco e dall’inevitabile susseguirsi di caduti. L’ultimo dei chiamati, il soldato Morana, il più coraggioso e decorato di tutti, unico del plotone a parlare italiano, si rifiuta di andare. E, dopo un confronto tragico col tenente, compie il gesto che chiude l’opera: si uccide per paura di essere ucciso.

Il percorso doloroso della memoria dovrebbe costituire un fondamento di consapevolezza della storia, della vita di un popolo, nel tentativo di stabilire un monito, nella volontà di non ripetere orrori e stragi. Frustrante è invece la constatazione del tragico divario tra il facile accesso allo studio del passato e un’umanità sempre più cieca nei confronti del dolore che si rinnova e sorda al grido di quelle anime scolpite nei memoriali, nelle piazze, nel nostro tempo. La tecnica istruisce ma non insegna, perché a mancare sono le lacrime, gocce di tempo di quegli occhi vivi a cui non abbiamo teso le orecchie quando avremmo dovuto. I nonni non possono più raccontare il sangue delle trincee, e noi non possiamo più ascoltare la voce rauca di un’Italia, dell’Ultima Italia, che si è compiuta. I nonni non possono più raccontare quanti dialetti le acque dell’Isonzo o le rocce del Carso udirono, e quanto eroismo vide giovani corpi sfilare sotto i tiri micidiali degli austriaci. I nonni non possono più raccontare che i nomi che oggi sono vie e piazze d’Italia un tempo erano luoghi della lacerazione, della passione spezzata, della speranza di un futuro migliore. Così la Grande Guerra è diventata la grande guerra della poesia e dei racconti, di Gadda, De Roberto, Rebora, la cui memoria non conosce gli opportunismi del mercato mediatico ed è destinata a sopravvivere nel cuore di chi crede nel potere della bellezza e della storia. Orazio Sciortino

LA STRUTTURA DELL’OPERA

L’opera, in un atto unico, è pensata come un’unica arcata formale suddivisa in sezioni caratterizzate dallo scambio di battute tra il soldato chiamato al turno e il tenente Alfani. Nel succedersi di queste sezioni, o scene, a cambiare non è lo scenario ma il contesto timbrico che delinea un nuovo personaggio, una diversa percezione del destino, della paura. Il tenente Alfani, il caporale, il sergente e il soldato Ricci nel suo breve intervento sono gli unici a utilizzare diverse tipologie di vocalità. Ogni soldato invece, nel breve dialogo col tenente, pronuncia pochissime frasi, spesso poche parole, in una sorta di recitato con una libera inflessione vocale. A caratterizzare lo stato d’animo e il profilo psicologico dei singoli “condannati” contribuisce la scrittura strumentale che sostituisce il lirismo non pronunciato dei militari. I silenzi di quest’ultimi, in contrappunto con gli strumenti, rappresentano la voce di coscienza, l’umana consapevolezza del confronto con l’inevitabile destino a cui vanno incontro.

NOTE DI REGIA

Quando Orazio Sciortino mi ha chiamato per condividere un’esperienza così singolare, per un attimo ho avuto il sano timore di un salto nel vuoto. Poi, la stima per lui e la qualità della proposta mi hanno convinta ad accettare la “sfida”. Sì, perché nel nostro lavoro in generale ogni volta ci si mette alla prova e si rischia… senza mediazione: siamo noi da un parte e il pubblico dall’altra. E in mezzo, il giudizio.

Bene, una volta entrata “dentro” la scena, ho immaginato come rendere, senza retoriche o didascalie troppo ovvie, quella sintesi sublime che Federico De Roberto era riuscito a dare dello sgomento, del disorientamento, dell’attesa alienante della morta. Tutto questo in un contesto feroce e estraneo ai più, sia nelle motivazioni, sia nella prassi.

Creature giovani e giovanissime, vittime inconsapevoli di qualcosa che, come sempre nella storia degli umili, decide e passa sopra le loro teste, le loro vite, le loro piccole realtà. In una parola l’orrendo, ingiusto, eterno gioco della guerra, diletto mostruoso di interessi e potere sempre riproposto. Mutevole negli attori, ma uguale nei contenuti.

E’ con infinita tenerezza che mi sono avvicinata al testo, avendo sempre in mente il monumento che mi fece piangere quando me lo trovai davanti: Re di Puglia. Quel “Presente” ripetuto all’infinito mi risuonava in cento dialetti e suoni diversi nella memoria e mi stringeva il cuore… Così ho immaginato una asciuttezza emozionale e simbolica del “contenitore” che circondasse la realtà quotidiana e spietata di quella trincea un po’ assopita, dove Boemi e Italiani si scambiavano pagnotte e sigarette in una stasi grigia, su una montagna a sua volta grigia, e brulla, silente. D’improvviso tutto cambia.

I Croati sostituiscono i Boemi con ferocia guerriera e tattica inaspettata. Il dramma si consuma rapidamente… fino al soldato Maia che rifiuta di compiere l’ispezione. Un finale agghiacciante e potente, un’accusa eterna alla follia dei potenti.

Semplice e violento atto d’accusa universale che anche oggi è sulla bocca di chi muore innocente, di chi non può scegliere il senso del suo agire e dell’essere lì, in quel momento. Per rendere un sentimento e un’emozione così potente, ho chiesto la collaborazione di un artista, Giuseppe Salvatori, per la sua sensibilità intellettuale e l’eleganza del segno, e perché è capace, come me, di una lacrima di pietà per un piccolo soldato sopraffatto dagli eventi. Anche la montagna, quindi, con le sue vene dorate, partecipa al dolore e subisce la violenza degli uomini.

Mi sento a questo punto di ringraziare sinceramente tutti i collaboratori, da Franco Micieli a Emiliana Paoli, a tutti gli amici e i tecnici del teatro.

Mi auguro che l’intenzione di rendere protagonista il sentimento e l’emozione sia ciò che arrivi al pubblico. Perché resti nel cuore di tutti un unico sentimento: la conquista della pace. Per il mondo.

Simona Marchini

NOTE SULLA SCENOGRAFIA

Ho immaginato — ho visto — una scena di superfici in successione i cui profili dentati costituiscono di per sé un'invalicabilità, l'angoscia d'un orizzonte negato alla consolazione dell'occhio.

La visione vera di un cielo buio rovesciato con la doppia funzione di sipario e sudario, ma anche bocca crudele: ferita e feritoia insieme, nel racconto breve di un'alba tragica.

Una scena dallo spazio interdetto ad ogni movimento, ad ogni speranza, quasi senza narrazione, da qui il profilo/muro della montagna che, come corpo offeso, è percorsa e irrorata da arterie aurifere: tracce di scavo della conquista di postazioni preziose per l'opera di difesa e attacco nel dominio delle altezze, ma infine teatro di sacrifici assurdi e inaccettabili.

Più sotto, scoperta, la trincea, in cui si aprono stanze come bocche di solitudine; il perimetro nella cui nudità si consuma il racconto d'un dramma universale: il conflitto di uomini semplici chiamati alla paura, la stessa che sembra perpetuarsi nella storia fino a noi e che qui si trasfigura nel luogo umanissimo e disperato di una trincea.

Giuseppe Salvatori


B
IOGRAFIE

Orazio Sciortino

Orazio Sciortino è pianista e compositore nato nel 1984. La recente incisione discografica “Wagner&Verdi piano transcriptions by Tausig&Liszt”, un doppio CD Sony Classical, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti da parte della critica specializzata e, tra gli altri, le Cinque Stelle della rivista “Musica”. L’attività di pianista concertista, sia da solista sia con prestigiose orchestre, lo porta a esibirsi in ambiti di rilievo internazionale: Società dei Concerti presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, il Ravello Festival, Accademia Filarmonica di Bologna, Teatro Rossini di Pesaro, Teatro Politeama di Palermo, Teatro Dal Verme di Milano (Serate Musicali), Teatro Greco di Siracusa, Reate Festival, MiTo Settembre Musica (2012, 2013, 2014), Amici della Musica di Palermo, Filarmonica Laudamo di Messina, I Concerti del Quirinale (in diretta su Rai Radio 3), Accademia Filarmonica di Verona presso la Sala Maffeiana, Fondazione Perugia Classica, Orchestra Sinfonica Siciliana, Orchestra Sinfonica “Giuseppe Verdi” di Milano, Sagra Malatestiana di Rimini, Festival Pergolesi-Spontini di Jesi, Associazione Scarlatti di Napoli, Maggio Musicale Fiorentino, Bologna Festival (invitato due volte nella stessa stagione 2014 e ricevendo il Premio del Pubblico), Teatro La Fenice, Orchestra Filarmonica del Teatro Regio di Torino, etc..Si è inoltre esibito in Polonia, Germania (Konzerthaus di Berlino, festival di Wolfsburg e Braunschweig, Musikhochschule di Mannheim etc..), Austria, Kenya, Spagna, Serbia, Svizzera (Semaines Musicales de Crans Montana, Montreux Jazz Festival), Malta, Francia (Salle Molière di Lyon, Bel Air Festival etc..), Canada (Orford Festival, Ottawa Chamber Music Festival), Festival de Wallonie, KlaraFestival di Bruxelles, Serbia, Scozia, Libano, Giordania, Lituania, Romania, Arabia Saudita, Brasile (Sala Cecilia Meireles tra gli altri) Perù, Uruguay, etc..
Ha debuttato nel 2011 al Teatro alla Scala di Milano, in veste di direttore e solista, eseguendo, in prima esecuzione moderna, il Concerto per pianoforte e orchestra di Fumagalli da Sciortino stesso riscoperto, accompagnato dall’orchestra i Cameristi della Scala. Ha registrato per Rai Tre, Radio Tre, Radio Classica, Radio Svizzera Italiana e per le case discografiche Dynamic (il CD “Franz Liszt, An orchestra on the piano), Bottega Discantica (Adolfo Fumagalli 1828-1856, composizioni per pianoforte), Limen Music (Ciurlionis artista europeo) e Sony Classical (“The Italian Wagner). Ha lavorato con gli editori Mazzotta e Skira su progetti riguardanti rapporti tra arti visive e musica.
In qualità di compositore, le sue “Cadenze per i concerti per pianoforte e orchestra di Mozart” sono state pubblicate da Ricordi-Universal nel 2007. Altre sue composizioni sono eseguite e commissionate in Italia e all’estero in festival importanti e sedi prestigiose: Festival Internazionale di Portogruaro, Orchestra Cantelli (Serate Musicali di Milano al Teatro Dal Verme), Beethoven Festival di Bonn, Barge Music Festival di New York, I Cameristi della Scala, Beijing Modern Music Festival, Conservatorio di Ginevra, Cantiere Internazionale d’arte di Montepulciano, Teatro alla Scala, Ensemble Musagète di Vicenza, Orchestra Sinfonica “Giuseppe Verdi” di Milano, Orchestra Filarmonica di Torino, Sentieri Selvaggi Ensemble, Eutopia Ensemble, Emilia Romagna Festival, Festival di Ankara, Festival de Wallonie, Associazione Veneta Amici della Musica, Ex Novo Ensemble, Orchestra del Teatro La Fenice (direttore Mario Brunello), Orchestra dell’Università degli Studi di Milano, Neue Lausitzer Philharmonie Orchestra, Swiss Ensemble New Wave, etc. Si occupa di divulgazione musicale in veste di conferenziere e pianista, proponendo percorsi di guida all’ascolto e lezioni-concerto. Siracusano di nascita, è stato allievo di Boris Petrushansky, Michel Dalberto e Louis Lortie per il pianoforte, e di Fabio Vacchi per la composizione. Vive a Milano. Per la stagione 2015-2016 presenta, su commissione del Teatro Coccia di Novara, la sua opera “La Paura”.

Simona Marchini

Dopo la laurea in lettere moderne si avvicina all’ambiente artistico attraverso la partecipazione a programmi televisivi e radiofonici all’epoca dirompenti per il linguaggio utilizzato (Quelli della notte di Renzo Arbore, A tutto gag, Black out), ideando personaggi femminili presto divenuti popolari. Nel 1985 riapre, come Centro Culturale, La Nuova Pesa (fondata nel 1959 dal padre) dando avvio non solo a un percorso espositivo che ha visto la partecipazione di artisti tra i più importanti della scena internazionale (D. Spoerri, J. Kounellis, R. Horn, H. Nagasawa, F. Mauri, tanto per citarmne alcuni), quanto a un’attività di promozione e organizzazione culturale che culminerà con la Sovrintendenza del Todi Arte Festival dal 2000 al 2007. Per quanto riguarda la passione di una vita, l’opera lirica, oltre a numerose regie (La Rondine, Hansel e Gretel, Cenerentola), si segnalano la realizzazione, nel 1998 presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma, della mostra Opera, percorsi nel mondo del melodramma e, su un piano dichiaratamente divulgativo, gli Incontri sull’opera lirica rivolti alle scuole, con cadenza annuale. Nel 2008 ha organizzato un ciclo di concerti della pianista Martha Argerich dedicati al quarantennale dalla morte del Maestro italo-argentino Vincenzo Scaramuzza. Sul piano dell’impegno civile ha dedicato particolare attenzione alla condizione dell’infanzia nelle aree più povere del mondo, non trascurando le problematiche dell’infanzia del nostro paese, soprattutto per quanto riguarda il tema della crescita attraverso la formazione artistica, in particolare quella musicale, istituendo laboratori di propedeutica musicale. Come Ambasciatrice UNICEF, carica che ricopre dal 1987, ha partecipato a una missione in Togo e Benin (Africa), nonché ha organizzato diversi spettacoli gala i cui ricavati erano destinati a progetti Unicef. Dal 1995 al 1998 e dal 2013 al 2014 è membro del Consiglio di Amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma Dal 1998 al 2002 ricopre la carica di Presidente della Fondazione Toscana per lo Spettacolo Nel periodo 1997-98 è Presidente dell’Associazione “Amici di Civita”; e dal febbraio 1998 al 2000 è Direttore Artistico della T.E.E., Teatro Stabile delle Marche. Dal 1979 conduce un’intensa attività teatrale come attrice lavorando, tra gli altri, con Pietro Garinei (Rugantino), Jérôme Savary (L’Avaro, La sempreBella e la piccola Bestia), Memè Perlini (Quando torna la primavera di A. Wesker), Maurizio Nichetti (Le sorelle Materassi), P. Maccarinelli (Ahi, corpo crudele di G. Manfridi), Matteo Tarasco (Storia di una capinera), Gigi Proietti (La Mostra).

Regie teatrali:

Prosa (C’è una luna strepitosa di P. Poggi, Festival di Benevento 1994; Teatro Manzoni, Roma, 1995). Lirica (L’Amico Fritz di P. Mascagni, Teatro La Gran Guardia, Livorno; Teatro dell’Opera di Roma, Tosca di G. Puccini, San Gimignano, 1996; Teatro La Gran Guardia, Livorno, 1996, Sì, operetta di P. Mascagni, Teatro La Gran Guardia, Livorno, 1996, Li puntigli delle donne, operina di G. Spontini, Maiolati Spontini, 1997; Fabriano, 1997, La Frascatana di G. Paisiello, Pavia, 1997; Milano, 1997, L’acqua cheta, operetta di G. Pietri, Teatro La Gran Guardia, Livorno, 1997, Madama Butterly di G. Puccini, Teramo, 1998; Ancona, 1998, Haensel e Gretel di E. Humperdinck, Todi Arte Festival 1999; Teatro Nazionale, Roma, 2002, La Traviata di G. Verdi, Teramo, 1999; Ancona, 1999, La Traviata di G. Verdi, Todi Arte Festival 2001; Teatro Comunale, Salerno, 2001, Rigoletto di G. Verdi, Teatro Politeama Pratese, Prato, 2001; Siena, 2001, L’Amico Fritz di P. Mascagni, CEL – Teatro di Livorno, 2002, La vedova allegra di F. Lehàr, Teatro Politeama Pratese, Prato, 2003, Cenerentola di G. Rossini, Teatro Verdi, Pisa, 2004 e Teatro Comunale di Todi, 2005, 1997/98: ideazione e realizzazione della mostra “OPERA, percorsi nel mondo del melodramma”, al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Orchestra dei Talenti Musicali

L’Orchestra Talenti Musicali nasce grazie al progetto della Fondazione CRT “Talenti Musicali” che, da oltre dieci anni, permette ai migliori diplomati dei conservatori del Piemonte e della Valle d’Aosta di perfezionarsi presso le più quotate accademie e scuole superiori in Italia e all’estero. L’ensemble è frutto dell’intuizione, maturata all’interno della Fondazione CRT, di investire sui giovani, rendendo concreta l’ambizione di valorizzare le eccellenze del territorio e di dare espressione alle nuove conoscenze acquisite in tutto il mondo. Grazie a questa idea innovativa, l’orchestra gode tutt’oggi di un “naturale” e continuo arricchimento dei propri musicisti. L’Orchestra ottiene la legittimazione come compagine di qualità nel 2012, quando viene diretta da Riccardo Muti durante la cerimonia ufficiale di consegna al Maestro della Laurea Honoris Causa dall’Università degli Studi di Torino. Seguono, nel 2013 e nel 2014, le bacchette di due altri grandi direttori italiani, quali Riccardo Chailly e Gianandrea Noseda. Stage, scambi con altre istituzioni nazionali ed europee, laboratori lirico-sinfonici indirizzano il lavoro del complesso musicale verso l’eccellenza. Ne sono ulteriore testimonianza i concerti con solisti ospiti, quali Pavel Vernikov, Konstantin Bogino, Pavel Berman e molti altri musicisti del panorama musicale internazionale. L’Orchestra dei Talenti Musicali vanta anche esperienze dirette al di fuori dei confini nazionali: tra i progetti più importanti, la tournée in Israele in occasione della visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Organizzata sotto la supervisione dell’Ambasciata d’Italia, l’orchestra si è esibita ospitando il Trio Tchaikovsky.

Giuseppe Salvatori

Giuseppe Salvatori è nato a Roma nel 1955 dove vive.

Esponente della corrente di nuova figurazione negli anni 80, già nel 1978 è tra i fondatori dello spazio-laboratorio S. Agata de' Goti a Roma.

Partecipa nel 1990 alla Biennale di Venezia. E' presente in numerose mostre pubbliche in Italia e all'estero.

Realizza adattamenti scenici per lavori teatrali.

E' tra i fondatori delle riviste: Braci, 1980; Centoerbe, 1994 e Viva, 2013. La sua ricerca artistica attualmente consiste in una sintesi formale in cui figure dell'esistenza in rapporto con elementi della natura realizzano un'opera di sentimento.

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