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martedì 3 dicembre 2024

PICCOLO TEATRO GRASSI DI MILANO
"ANATOMIA DI UN SUICIDIO"
DI ALICE BIRCH

Dall’11 al 22 dicembre 2024
Dopo lo straordinario successo di pubblico e di critica ottenuto nella Stagione 2022/2023, coronato da una messe di premi – Ubu 2023 per il migliore spettacolo, per la regia, miglior attore e attrice e miglior testo straniero –, torna al Piccolo Anatomia di un suicidio della drammaturga britannica Alice Birch.

Lo spettacolo venne messo in scena, per la prima volta in Italia, nel febbraio 2023, con la traduzione di Margherita Mauro, da lacasadargilla, collettivo artistico associato al Piccolo Teatro di Milano, che produce lo spettacolo.

lacasadargilla sarà al Piccolo, al Teatro Studio Melato, anche a inizio d’anno, dall’8 all’11 gennaio con lo spettacolo Uccellini di Rosalinda Conti, una nuova produzione La Fabbrica dell’Attore/Teatro Vascello, con Romaeuropa Festival e Piccolo Teatro di Milano.

Carol, Anna, Bonnie. Madre, figlia e nipote. Tre generazioni di donne, tre epoche, un’unica linea femminile, dodici attori simultaneamente in scena. Il testo, come una partitura musicale, diviso in tre ambienti, è un affresco sociale e familiare, un’indagine vertiginosa sull’amore, sulle eredità e sul generare. Una complessa, raffinata costruzione temporale lega le tre donne, il loro resistere o soccombere a una pulsione di morte che ‘sussulta’ nelle loro vite e che si svela come un conturbante lascito familiare e storico, tutto al femminile.

Le linee narrative delle protagoniste – 1972-1993 (Carol); 1999-2004 (Anna); 2033-2041 (Bonnie) –

seguono un doppio movimento temporale: diacronico, muovendosi lungo i tre assi temporali delle loro vite, ma anche simultaneo, dal momento che, in scena, le tre storie accadono in contemporanea, riverberandosi l’una nell’altra. Il racconto è sostenuto da un raffinatissimo ingranaggio ritmico e linguistico, grazie al quale, quando una linea narrativa è attiva le altre due, visibili in parallelo, ne sono il contrappunto, il frutto o la matrice.

Carol, Anna, Bonnie si parlano e si cercano attraverso il tempo, le loro parole riecheggiano in una grande casa, le cui mura, negli anni, custodiscono destini, tramandano intenzioni, auspici, domande.

Le loro esistenze sono “infestate” dall’amore, dalle aspettative e dal dolore degli altri, mariti, compagne, familiari, amiche e amici, colleghi e quasi sconosciuti. Desideri e pulsioni si intrecciano agli incontri e ai tentativi di sopravvivenza, di resistenza alla vita che ognuna delle tre donne mette in atto. Più che protagoniste in senso classico, sono tre fuochi narrativi, come vere e proprie lenti di ingrandimento su questo grande affresco che è Anatomia di un suicidio.

Un racconto corale che si muove tra le epoche e che mette in atto, allo stesso tempo, nella propria struttura linguistica un esperimento di psichica collettiva per attivare immaginari, tracce memoniche e ‘rumori genetici’ che si diffondono per contagio nelle vite delle une e degli altri. È un testo e un dispositivo dove il vero protagonista è forse proprio quel groviglio che è la vita, dove tutti gli incontri, anche i più minuti, lavorano come talismani e attivatori, momenti di quel presente continuo che è la molteplicità delle voci di cui si fa la comunità che siamo, che ereditiamo e che lasceremo al futuro.

Carol si muove nel mondo come distratta dalla vita, c’è un qualcosa che la attira altrove e che ha il sapore liquido dei fiumi. È in bilico fra la vita e la morte. Prova con tutte le sue forze a essere una buona moglie, prova a lasciarsi amare dal marito John. Prova. Malgrado questo Carol ha una vitalità luminosa che trasmette alla figlia Anna. Semplicemente, ad un certo punto, il legame cede. Carol si tiene, si tiene aggrappata alla vita per amore: “Io sono rimasta. Sono rimasta. Finché ho potuto” – dice di sé – agganciata dall’amo teso di Anna e si incammina a morire quando questa è, finalmente, quasi una donna.

Anna è nel mezzo, si muove tra la propria madre e la figlia. È un ripetitore, un ponte sensoriale tra ciò che viene prima e ciò che accadrà dopo. È la più contraddittoria, associativa, brillante e sensitiva, manipolatrice come solo le eroinomani sanno essere. “Tutto è semplicemente caos da quando se ne è andata” dice Anna della madre. In quel caos vitale Anna sembra attingere a una comprensione sotterranea e antica. Resiste, si disintossica, si sposa, ridipinge le pareti della casa di famiglia. Ma quel varco sotterraneo si riapre nel momento in cui è incinta: sente un sopra e un sotto, sente tutto, sente troppo. Il suo suicidio è come la fine dell’arco luminoso di una stella, una blue straggler, la vagabonda blu, che a un certo punto semplicemente esplode per eccesso di vita. Alla nascita di Bonnie.

Bonnie la incontriamo a poco più di trent’anni, medico esperto in un ospedale, intelligente, fin troppo percettiva, silenziosa. È l’ultima della stirpe. Non sa quasi nulla della madre e della nonna - “a quanto pare” è la sua frase ricorrente. Bonnie prova a vivere una vita normale, prova a rompere un guscio di cui non sa la provenienza. Prova. A farsi amare, a lasciarsi invitare dai colleghi. Ma c’è quella casa che si tramandano di madre in figlia dove i ricordi si attivano quasi inconsapevolmente, c’è qualcosa che le parla dal passato. Ed è allora che Bonnie decide di togliersi la possibilità di generare per chiudere un tratto di storia familiare e fare, finalmente, legame con altro. Con la bellezza di un frutteto, con l’acqua di cui sembra circondata, con un coniglio di cui piange, libera, la morte. L’eredità per Bonnie, proprio come per Carol, sta negli “spazi tra le cose”, nella fine di qualcosa come possibilità d’altro.

Alice Birch (Malvern,1986) è drammaturga e sceneggiatrice. Tra le sue opere teatrali ricordiamo Many Moons (2011), Ophelia’s Zimmer (2015), Revolt. She Said. Revolt Again (2016) e [BLANK] (2019). È autrice della sceneggiatura dei film Lady Macbeth (2016), Secret Love (2021) e Il prodigio (2022). Insieme a Sally Rooney ha sceneggiato le serie televisive Normal People (2020) e Conversations with Friends (2022), tratte dagli omonimi romanzi.

Anatomia di un suicidio ha vinto nel 2018 il Susan Smith Blackburn Prize.

Il testo di Anatomia di un suicidio è stato pubblicato da il Saggiatore, nella collana editoriale del Piccolo Teatro, con la traduzione di Margherita Mauro e la prefazione di Concita De Gregorio.

Piccolo Teatro Grassi (Via Rovello, 2 – M1 Cordusio), dall’11 al 22 dicembre 2024
Anatomia di un suicidio
di Alice Birch
un progetto di lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
traduzione Margherita Mauro
scene Marco Rossi
costumi Anna Missaglia
disegno luci Luigi Biondi
paesaggi musicali Alessandro Ferroni
disegno del suono Pasquale Citera
disegno video e cura dei contenuti Maddalena Parise
drammaturgia del movimento Marta Ciappina

Interpreti (in ordine di apparizione) Personaggi

Tania Garribba Carol (A.)
Francesco Villano John (A. – B.)
Petra Valentini Anna (B.)
Fortunato Leccese Dan (B.) – Dave (A.) – Felix (A.) – Luke (C.)
Federica Rosellini Bonnie (C.)
Camilla Semino Favro Jo (C.) – Laura (A.) – Lola (B.)
Marco Cavalcoli Toby (A.) - Tim (C.) – Mark (A.) – Uomo (C.)
Anna Mallamaci Daisy adolescente (A.) – Ragazzina 1 (C.)
Ragazzina 2 (C.) – Anna adolescente (A.)
Alice Palazzi Infermiera (A.) – Karen (C.) – Esther (C.) – May (B.)
Donna (C.)
Lorenzo Frediani Jamie (B. – C.)
Caterina Carpio Emma (A.) – Daisy (B.) – Diane (C.)
e con Anita Leon Franceschi Anna bambina (A.) – Altra bambina (C.)
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
foto di scena Masiar Pasquali

Orari: tutti giorni alle ore 19.30, salvo domenica, ore 16, e lunedì riposo.

Durata: 3 ore compreso intervallo

Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 - www.piccoloteatro.org


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