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domenica 1 novembre 2015

"SALOME'" ALLA SALA FASSBINDER
DEL TEATRO DELL'ELFO DI MILANO

Anarchica, estremistica, insolente la Salomé di Wilde è poco conosciuta in Italia, forse messa in ombra dalla popolarità della versione operistica di Richard Strauss. L’autore inglese l’aveva composta nel 1891 a Parigi, pensando – pare – a Sarah Bernhardt, al suo orientaleggiante esotismo, alla sua voce recitante.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia ne hanno firmato nel 2011 una personale versione (che ora torna in scena con qualche variante), intrecciando al tessuto di questo atto unico brani tratti dalle ultime opere dello scrittore (in particolare dalla Ballata del carcere di Reading e De Profundis) e tratti da testimonianze, interviste e dichiarazioni.
Tra gioco e rito questa inquietante Salomé, interpretata unicamente da uomini, va in scena nel baraccone di un circo o di un luna park di periferia. Mavor Parker (personaggio di fantasia che richiama due amanti di Wilde che divennero suoi accusatori quando fu processato per sodomia) invita il pubblico a entrare “nel serraglio” dove potrà ammirare un prodigio: il Poeta, “il Gran Sacerdote della Corrente Estetica Moderna che raccolse tutti i sistemi in una sola frase, tutta la vita in un epigramma”.

In uno spettacolo in cui le identità dei personaggi sono destinate a moltiplicarsi, Ferdinando Bruni si cala inizialmente nei panni dello scrittore, incatenato in carcere (dove fu effettivamente recluso dal 1895 al 1897), poi in quelli del profeta Iokanaan, anch’egli prigioniero, e infine dà corpo e voce a Erode, innamorato della giovane Salomé (che in questa ripresa viene interpretata da Mauro Bernardi). Enzo Curcurù è Mavor Parker, il Giovane siriano e Erodiade. Tutti personaggi che, tra gli eccessi di lustrini, paillettes e gioielli, ritrovano la loro dimensione tragica: uomini dallo sguardo di fanciulla, satrapi decadenti, vecchie vogliose, prigionieri da esibire senza pudore ma capaci di riaffermare la dignità di “un amore che può finalmente dire il suo nome”. E le parole di dolore che segnano le ultime opere dello scrittore si intrecciano con le loro battute per ricordarci che “ognuno uccide ciò che ama”.

Al di là dell'opera di Strauss, è sicuramente Carmelo Bene ad aver fissato, con un film del 1972 che molti giudicano il migliore dei suoi, l'iconografia della danzatrice che ottiene su un vassoio la testa mozzata di Giovanni Battista. Non è meno visionario, anche se di tutt'altro genere e linguaggio, lo spettacolo della compagnia milanese.

Il tutto, senza mai rinunciare alla drammaticità paradossale della situazione, ha un andamento ironico e divertente, che cita il teatro d'antico stile e le contraddizioni di una morale pubblica che continuamente si rovescia. La vicenda, e le parole di Wilde, ci sono tutte, insieme però all'amara consapevolezza che quelle contraddizioni e quelle iperboli allignano ancora volentieri nella nostra morale, doppia e tripla.

Il tono D'Origlia-Palmi risulta comico, ma serve anche a rendere «accettabili» i paradossi di una storia d'amore letale. Mentre i tentativi da parte del monarca Erode di evitare la propria rovina politica, rifiutando di concedere alla regale escort ballerina quella testa del Battista, sono degni di un grande illusionista della politica di oggi, tra iperboli e bugie capaci di sfidare ogni tribunale, giudiziario o morale. Quell'estremismo grottesco ci consente di ridare dignità a quella famiglia sgangherata e di vedere, sotto i sette veli, il niente.

Gianfranco Capitta, il manifesto

Ferdinando Bruni è Wilde, il profeta Jokanaan e un pavido Erode, tutti e tre prigionieri: di un carcere il primo, della sua intransigenza il secondo e del desiderio per la figlia della moglie Erodiade il terzo. Il volitivo Enzo Curcurù è l'imbonitore Mavor, il siriano che sorveglia il prigioniero e una gelosa vacua Erodiade. Le identità si moltiplicano e si fondono e, tra proiezioni di foto erotiche, irruzioni pulsionali di corpi, intesi nella loro dimensione di significante fluttuante, Eros e Thanatos sembrano danzare insieme in un tempo senza tempo per irradiarsi nell'ambivalenza irriducibile di uno spazio metaforico. E si compie, in eterno, tra tragico e grottesco, il dramma dell'amore come ossessione e come unica grande libertà.

Magda Poli, Corriere della Sera

Uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
di Oscar Wilde
con Ferdinando Bruni, Enzo Curcurù, Mauro Bernardi
luci di Nando Frigerio
produzione Teatro dell'Elfo

Elfo Puccini, sala Fassbinder, corso Buenos Aires 33, Milano - Mar-sab ore 20.30, dom ore 16.00 – ATTENZIONE: lunedì 9 novembre ore 20.30 / Domenica 15 novembre RIPOSO.

Intero 30.50 € - Ridotto giovani/anziani 16 € - Martedì 20 € - Info e prenotazioni: tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org


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