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mercoledì 12 ottobre 2022

"SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE"
REGIA DI ANDREA CHIODI
TEATRO CARCANO DI MILANO

Dal 15 al 23 Ottobre 2022
Dopo il successo de La bisbetica domata, Andrea Chiodi torna a collaborare con il LAC firmando la regia di Sogno di una notte di mezza estate, uno dei testi più noti di Shakespeare.

La nuova produzione vede in scena un cast di quattordici attori, molti dei quali alla loro prima prova importante. Un progetto che viaggia sul doppio binario realtà-fantasia, seguendo la strada suggerita dall’autore di tornare – attraverso il mezzo del gioco – in contatto con l’irrazionale, con il bambino che ciascuno di noi ha dentro sé.

Sinossi

Teseo, duca di Atene, per celebrare le nozze con Ippolita, regina delle amazzoni, proclama giorni di riti e feste. Bottom e altri artigiani, per l’occasione, decidono di mettere in scena la storia di Piramo e Tisbe recandosi nel bosco per le prove. Lì ci sono anche Lisandro ed Ermia, che si amano e stanno fuggendo da Atene perché il padre di lei vorrebbe darla in sposa a Demetrio; quest’ultimo insegue la coppia di amanti rincorso a sua volta da Elena, di lui perdutamente innamorata. Oberon, il re delle fate, e Puck, il folletto che è al suo servizio, si divertono confondendo gli amori dei quattro giovani e spingendo Titania, sposa di Oberon, ad un’arcaica passione. Amanti, artigiani e fantasie mischiano così, nel bosco, i loro mondi. La trama di equivoci, litigi e confusione si scioglie quando il re Oberon riesce a dissipare tutti gli incanti. Dopo aver rintracciato gli innamorati, il duca Teseo ufficializza le unioni secondo i sentimenti.

Note di regia e di drammaturgia
di Andrea Chiodi e Angela Dematté


Fairies

Uscenti da questa pandemia mortifera e caotica ci sforziamo, tutti, di emergere con una nuova consapevolezza del ciclo vitale.

Non è la prima volta che affrontiamo Midsummer Night’s Dream. La prima volta fu 12 anni fa, un’edizione fatta all’aperto, nei Giardini di Varese. Era appena mancato un padre, strana stranissima coincidenza, oggi è appena mancata una madre. Dunque è doppiamente, per noi, spettacolo di dolorosa rinascita. Questi i dati biografici da cui pure non possiamo prescindere. Una delle attività che rendono possibile la trasformazione nella vita dell’uomo sembrerebbe essere la creatività; il massimo di questa attività trova la sua manifestazione evidente nel gioco, e il gioco è soprattutto dei bambini. Un gioco che diventa però molto serio perché capace di indagare la natura dell’uomo, di descriverci gli stadi di evoluzione di una vita umana. Questa nuova edizione arriva dunque con una chiara e profonda intuizione e cioè che sia una bambina ad evocare, a “giocare” un sogno d’estate.

Questa lettura ci persuade non solo perché viviamo con tre bambini e ne siamo “i genitori e l’origine”, ma anche perché ci permette di avere a che fare con le fairies del testo in modo concreto e vivo. I bambini guardano i genitori e nelle fantasie, come si sa, li trasfigurano. I bambini hanno una paura costante che i genitori litighino, entrino in conflitto, e non sanno delineare, oggi, come ciò sia collegato al caos del mondo, al cambiamento dei modelli di maschile e femminile e alla distruzione dell’ecosistema. Eppure sentono tutto questo. Cosa fanno per difendersi? Osservano e trasfigurano.

E forse ci guidano ad un cambio di paradigma necessario al mondo. La madre, Titania-Ippolita, fa parte strutturalmente del ciclo naturale e ne è fiera, ma il padre, Teseo-Oberon, come vi può entrare?

Cerca di far ripartire la vita, di richiamare “eros” attraverso i giovani, gli adolescenti, invoca la loro pulsione, la loro possibilità di entrare nel caos dionisiaco-amoroso sperando che lei, Ippolita-Titania, sia spinta a rientrare nella logica di preda e predatore, di corteggiata e corteggiatore.

To Scape the Serpents’s Tongue

Ippolita l’amazzone e Titania la madre, Artemide vergine che protegge la maternità, donna che protegge donna, lasciando fuori il maschile. Per volontà? Per necessità? Perché è una fase necessaria della vita? Una transizione ad un’altra era? 

Si potrebbe riscrivere il mito, come propone Elena? Apollo fugge e Dafne gli dà la caccia? E poi: una caccia è sempre necessaria? Come se ne esce? Esistono piccoli pezzi scritti dal nuovo femminismo, pionieri di un nuovo linguaggio, ancora naif ma che danno speranza. Shakespeare, dal canto suo, ha la speranza che esista “amore”, quell’amore vero che fa piangere gli amanti, che fa piangere Tisbe- Giulietta per la morte di Piramo-Romeo. Ma è una speranza in un trascendente “amore” che dialoga in modo ancora inafferrabile col ciclo vitale. “Amore” legato a “natura” è credenza che funziona nei riti di campagna (Shakespeare li ha conosciuti) ma non più nei riti di città. Eppure che esista “amore”, che si possa gestire “desiderio” e che esso possa essere evocato e contenuto dalla “parola”, dal suo suono e dal ritmo del rito del teatro è convinzione ancora, in questo momento della sua vita, per William Shakespeare.

Nel Sogno ci guida nei vari stadi della vita: l’infanzia nel prologo, l’adolescenza nel bosco incantato e la maturità nel finale. Realtà e fantasia, Atene e la foresta incantata, Teseo e Oberon... tutto nell’opera ci racconta di razionalità e magia, di pensiero e rituale, sempre su un doppio binario e soprattutto sempre attraverso il mezzo del gioco.

Rude Mechanicals

E gli adolescenti? Sono strumenti incoscienti, prigionieri del gioco di Teseo-Oberon-Shakespeare- pensiero occidentale? O sono gli unici esseri liberi? Senz’altro liberi, almeno, di giocare con la parola.

Che poi la parola sia data dalla cultura, dal linguaggio logico e gerarchico in cui siamo cresciuti, è un fatto. Ma la rima permette, almeno, se pur pallidamente, di recuperare il “doppio” del linguaggio, l’eco simbolico, permette di trovare l’altra dimensione, il suono, la musica. Per questo abbiamo fedelmente seguito le rime del bardo, lavorando come artigiani per tradurle, per non tradire il suono, il gioco.

E non a caso i comici sono “artigiani”, coloro che modellano la materia con un “mestiere” il quale, essendo tramandato con parola simbolica più che razionale, è in contatto col “mistero”. E sarà infatti l’artigiano Bottom lo sciamano che entrerà in contatto con le “fairies”, che permetterà il centro del rituale, il ritorno al caos primordiale perché il mondo riparta.

Master of the Revels

Quando i nostri figli sono inquieti, usiamo costruire delle filastrocche. Nel cercare le rime troviamo corrispondenze inaspettate nel reale. La scoperta è accompagnata da un certo caos che, però, il gioco del suono permette di tenere sotto controllo. Dunque il viaggio alla scoperta del mondo e delle nuove pulsioni è possibile, non è troppo spaventoso se “giocato” attraverso la rima.

E nella stessa direzione va l’intuizione di aver scelto un Puck-Filostrato che è balia, che conosce quando accudire e quando far paura alla bambina, per insegnarle a stare al mondo. Non in un mondo “ideale” ma in quello in cui si troverà a vivere. Un mondo in cui esiste il desiderio, il limite, la morte.

Come le fiabe debbano venir riscritte per non ricadere in meccanismi di violenze e capri espiatori è ciò che ci chiediamo tutti noi genitori, incerti se insegnare difese o buoni precetti ai nostri figli.

Sapendo di dover loro insegnare entrambi, chissà in quale misura.

E che tutto questo sia raccontato da un cast di quattordici attori, la maggior parte dei quali alla loro prima esperienza di lavoro dopo la Scuola “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, crediamo sia elemento di grande significato.

Note sulla realizzazione scenografica
di Guido Buganza


Un titolo cult come questo, di un autore cult come Shakespeare, fa tremare i polsi. Riuscire a realizzare uno spazio scenico che sia al contempo evocativo e di servizio alla numerosa compagine attoriale è l’imperativo da assolvere. Il problema maggiore con Shakespeare è che mal sopporta ingerenze scenografiche, tutto è già nel testo, quindi lo scenografo, se vuole guadagnarsi la scena, deve farlo con cautela e rispetto. Lo spazio che ho immaginato è anfibio: pareti leggerissime, trasparenti e solide al contempo, che vibrino e respirino con gli attori. Siamo spesso in un bosco, ed un bosco fatato per di più... Il candore convive con l’inganno e la malizia, ecco quindi che un parchetto di periferia ben si presta al gioco: una giostra ed uno scivolo, su un prato nero e ferito, possono bastare ad assolvere il compito di rievocare - ed invocare - l’innocenza dell’infanzia.

Note sulla realizzazione dei costumi
di Ilaria Ariemme


Il Sogno di Shakespeare è un percorso esistenziale che dallo spensierato candore della giovinezza arriva fino alla compostezza dell'età adulta. Il rito del diventare grandi passa attraverso gli ostacoli emotivi ed esperienziali della vita, irti come i rovi e i cespugli di un bosco, finendo con il perdere la leggerezza dell’infanzia, tradotta nei costumi attraverso la purezza del colore bianco, per conquistare disciplina e metodo, strumenti assai utili nel mondo degli adulti di nero vestiti. È un percorso necessario e inevitabile, a tratti avvincente, ma ugualmente spaventoso perché ignoto.

Il Bardo ben lo sapeva e fa pullulare il bosco in cui si perdono le due coppie innamorate di magiche creature fantastiche che accompagnano il loro onirico e misterioso viaggio. Questo filtro consente agli innamorati e a noi che li guardiamo di accogliere quel mistero sinistro e inquietante consegnandoci però anche tutta la dimensione di sogno e meraviglia necessaria per decidere di affrontarlo.

Seguendo le intuizioni registiche di Chiodi, questo filtro è stato tradotto, all'interno dello spettacolo, dagli occhi di una bambina, forse la vera protagonista di quel tragitto di crescita. Proprio come fanno i bambini giocando, lei trasfigura le dinamiche degli adulti che non comprende e di cui ha paura filtrandole attraverso il mondo della danza classica e dei colori pastello. Fate e folletti diventano dunque conturbanti creature in tutù pronte a danzare in modo ammaliante o a rotolarsi in un gioco sguaiato e incurante del vestito che indossano.

E i comici, come una banda di ragazzini in pantaloni corti e salopette desiderosi di giocare e mettere a soqquadro il mondo, seguono lo stesso principio giocoso: con due miseri tutù di carnevale, un cappotto del nonno, pochi altri elementi di recupero, tanta fantasia e desiderio che lo “spettacolo” diventi “vita", trasformano un gioco ridicolo in un momento finale di commovente verità.

Note sulla realizzazione musicale
di Zeno Gabaglio


«Titania: ordina una musica che imbrogli i sensi più del sonno».

La richiesta di Oberon, re delle fate, alla propria consorte è chiara, ineludibile: confondere – per l’ennesima volta – la percezione e i sensi di tutte le persone coinvolte nella folle notte di mezza estate da cui, a fatica, stanno cercando di uscire.

E pensare che, fino a pochi attimi prima, Titania ancora si dichiarava perdutamente innamorata di un mortale dalla testa d’asino, e che praticamente ogni protagonista dell’intricata vicenda ha appena rinnegato se stesso, le passioni più profonde e i più solidi valori della propria esistenza.

Qual è dunque il rimedio per cancellare tutto, per tornare al punto di partenza, per riportare il senno a governare le azioni? La musica, suggerisce Oberon, che però non deve curare, bensì imbrogliare una volta di più.

Ma ha davvero un potere così tanto mistificatorio l’arte dei suoni? L’esperienza delle musiche di scena originali per questo Sogno porta a ritenere il contrario: più che un rimedio istantaneo – un deus ex machina perentorio ed efficacissimo –, la musica assume qui i caratteri sfumati di un sottile ma persistente refolo. Un soffio che non ribalta gli accadimenti, ma che ne amplifica ed estende la portata: anticipando, sottolineando e caratterizzando la già intricata combinazione di parole e movimenti.

È quindi inevitabile che il bosco sia il luogo della musica, là dove la magia del solstizio spinge la realtà in direzioni inusitate. E così le musiche si mischiano al vento, ai rumori delle bestie notturne e ai suoni antropici dei personaggi che – in qualche modo – cercano di salvarsi dagli imbrogli che Shakespeare ha messo sulla loro strada.

Di William Shakespeare
traduzione e adattamento Angela Dematté
regia Andrea Chiodi
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Caterina Filograno, Claudia Grassi, Igor Horvat, Jonathan Lazzini, Sebastian Luque Herrera, Alberto Marcello, Marco Mavaracchio, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Anahì Traversi, Beatrice Verzotti
scene Guido Buganza
costumi Ilaria Ariemme
musiche Zeno Gabaglio
disegno luci Pierfranco Sofia
coaching Tindaro Granata
assistente alla regia Walter Rizzuto
assistente alla drammaturgia Gianluca Madaschi
scene realizzate dal Laboratorio di Scenografia “Bruno Colombo e Leonardo Ricchelli” del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
macchineria scenica realizzata da Studio Cromo
costumi realizzati presso la Compagnia Italiana della Moda e del Costume
produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in coproduzione con CTB - Centro Teatrale Bresciano, Centro D'arte Contemporanea Teatro
Carcano
partner di ricerca Clinica Luganese Moncucco


Personaggi e interpreti

Oberon, Teseo Igor Horvat
Titania, Ippolita Anahì Traversi
Puck, Filostrato Beatrice Verzotti
Bambina, Fata Emilia Tiburzi
Lisandro Alberto Marcello
Demetrio Sebastian Luque Herrera
Ermia Caterina Filograno
Elena Giulia Heathfield Di Renzi
Egeo, Mastro Lindo (Leone) Jonathan Lazzini
Nicola Bottom (Piramo) Alfonso De Vreese
Pietro Zeppa Marco Mavaracchio
Franco Piffero (Tisbe) Giuseppe Aceto
Tomaso Becco (Muro) Claudia Grassi
Roberto Famelico (Chiaro di luna) Alberto Pirazzini

Biografie

Andrea Chiodi
Regista

Allievo di Piera Degli Esposti, si laurea in giurisprudenza con una tesi sulla tragedia greca sotto la guida di Eva Cantarella. Nel 2003 si trasferisce a Los Angeles dove segue alcuni corsi. Nel 2006 e 2007 è assistente alla regia di Gabriele Lavia al Teatro Argentina di Roma.

Vince il premio Alfonso Marietti dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano, il premio talenti emergenti di Lombardia, il Golden Graal per il teatro; la sua Bisbetica domata viene selezionata all’Incontro del Teatro svizzero 2018, è finalista al Premio Hystrio e vince il Premio Mario Mieli 2019.

Collabora con svariate istituzioni culturali italiane e straniere: Teatro Due di Parma, Teatro Regio di Torino, Teatro Argentina di Roma, Teatro Coccia di Novara, Centro Teatrale Bresciano, Teatro Olimpico di Vicenza, Teatro Stabile di Catania, Teatro Carcano di Milano, LAC di Lugano, TNN di Nizza e Teatro di Innsbruck.

È docente presso l’accademia dell’Opera di Verona, la Scuola del Teatro Stabile del Veneto e la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano nel corso del 2021.

Attualmente è regista residente del Centro Teatrale Bresciano, direttore artistico della stagione di prosa del Teatro di Varese e del festival Tra Sacro e Sacro Monte.

Angela Dematté
Drammaturga

Drammaturga e attrice nata in Trentino, sceglie Milano come sua residenza d’artista. Dopo una laurea 
in Lettere e un diploma all'Accademia dei Filodrammatici, lavora come attrice finché inizia, nel 2009, la sua attività di autrice: scrive Avevo un bel pallone rosso e vince il Premio Riccione e il Premio Golden Graal. Il lavoro è messo in scena da Carmelo Rifici con il quale inizia una profonda ricerca che produce, tra gli altri: L’officina, Chi resta, Il compromesso, Ifigenia, liberata e Macbeth, le cose nascoste. Negli stessi anni lavora come dramaturg e autrice per i registi Renato Sarti, Sandro Mabellini, Valter Malosti, Benedetto Sicca e soprattutto per Andrea Chiodi. Scrive, dirige e interpreta Mad in Europe che vince il Premio Scenario 2015 e il Premio Sonia Bonacina. Nel 2019 la città di Trento le conferisce il Premio Aquila d’Oro per la cultura. Nella sua ricerca indaga le potenzialità e i limiti del linguaggio identitario, argomento su cui ha creato diverse masterclass presso Teatro Franco Parenti, Proxima Res, Karakorum teatro, Matearium teatro, ERT, Luminanze. Il suo lavoro negli ultimi anni, a partire dalla collaborazione con ISI Foundation, JRC di Ispra e con Carmelo Rifici al LAC, si concentra sul dialogo con la scienza come necessità di indagine sull’uomo futuro. La pandemia la spinge ad indagare il dialogo tra la scrittura teatrale e nuove forme offerte dal web e da spazi non teatrali. Per il progetto Lingua Madre produce un documentario sperimentale sul tema del rituale. Con Daniele Filosi sta lavorando alla produzione di cinque monologhi teatrali per uno spettatore a partire dall’Antologia di Spoon River. I suoi testi sono pubblicati in Italia, Francia, Svizzera, Germania ed Egitto. Lavora con importanti teatri come LAC di Lugano, Piccolo Teatro di Milano, Theatre de la Manufacture di Nancy e diversi Teatri Stabili italiani. È madre di tre figli.

Giuseppe Aceto
Franco Piffero (Tisbe)

Classe 1989, dopo essersi laureato al DAMS - Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo di Bologna con una tesi su Carmelo Bene, frequenta la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma, sotto la guida di Carmelo Rifici, interpretando Uomini e no di Elio Vittorini. Di recente ha lavorato, tra gli altri, con Serena Sinigaglia e Leonardo Lidi.

Alfonso De Vreese
Nicola Bottom (Piramo)

Nato a Modena nel 1992 da padre belga e madre italiana, si forma alla Scuola di Teatro Galante Garrone, alla Scuola di Alta Formazione di ERT e alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma nel 2017. Lavora, tra gli altri, con Claudio Longhi, Damiano Michieletto, Giorgio Sangati, Alessio Maria Romano, Tindaro Granata, Emiliano Bronzino e Emiliano Masala. Recita in Uomini e no diretto da Carmelo Rifici e ne Il ragazzo dell'ultimo banco di Jacopo Gassmann. Fonda la compagnia teatrale La Tacchineria ed è interprete di Potrei amarvi tutti con cui, nel 2018, vince la Borsa di studio teatrale Anna Pancirolli. Nel 2019 vince il Premio Scenario con Una vera tragedia, regia di Riccardo Favaro e Alessandro Bandini. È in Analisi logica, lavoro di Favaro con la regia di Fabio Condemi, per Lingua Madre - Capsule per il futuro.

Giulia Heathfield Di Renzi
Elena

Nasce a Roma nel 1997 da padre italiano e madre australiana. Parla fluentemente italiano e inglese.

Consegue il diploma in studi classici a Roma. Nel 2017 viene ammessa alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, diretta da Carmelo Rifici, dove approfondisce gli studi con grandi maestri del teatro, tra cui, oltre allo stesso RIfici, Mauro Avogadro, Antonio Latella, Fausto Paravidino e Tindaro Granata. Approfondisce gli studi di movimento e performance con Alessio Maria Romano, Marta Ciappina, Michele Abbondanza, Maria Consagra e Alessandro Sciarroni. Nel 2021 partecipa a Ci guardano - Prontuario di un innocente, diretto da Carmelo Rifici, nell'ambito del progetto digitale Lingua Madre. Si diploma nel luglio 2021.

Caterina Filograno
Ermia

Nata a Bari nel 1990, si laurea in Giurisprudenza all’età di 23 anni. Successivamente si diploma alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, e studia recitazione alla Guildhall e alla Royal Central School di Londra. Nel 2017 è Selva in Uomini e no, regia di Rifici al Piccolo di Milano, spettacolo che riprende l’anno successivo. Nel 2018 è in Choròs di Alessio Maria Romano.

Frequenta i laboratori di Lucia Calamaro, incontro fondamentale per la sua vita. Scrive un primo testo, Potrei amarvi tutti, con il quale vince, insieme alla compagnia La Tacchineria, da lei co-fondata, il premio Pancirolli. È scelta da Fausto Paravidino per lavorare come autrice/attrice al progetto di ricerca drammaturgica Playstorm per lo Stabile di Torino. È selezionata nella prima fase di Biennale College drammaturgia, lavorando con Linda Dalisi e Letizia Russo. Interpreta il ruolo della madre in Sei personaggi in cerca d’autore per la regia di Emiliano Masala al LAC di Lugano.

Nel 2019 scrive, su commissione dell’associazione barese Ins’cena, Provate voi a fare il primo passo. Recita nel doppio ruolo di Jackie e Marilyn in Jackie di Elfriede Jelinek, per la regia di Alan Alpenfelt, al LAC di Lugano. È docente teatrale al Liceo di Lugano 2 per il progetto Domani promosso da LAC edu nell’anno scolastico 2018/19. Nella primavera del 2020 è nella Locandiera di Andrea Chiodi. È autrice di Stanze, cortometraggio prodotto da Elsinor, proiettato al Sala Fontana nell’ottobre 2020. Studia con Daria Deflorian presso Carrozzerie Not. Nel 2021 è semifinalista al Premio Scenario con Anche in casa si possono provare emozioni forti, testo di cui è autrice insieme a Livia Rossi. Sempre nel 2021 partecipa alla Biennale College di Venezia dove studia drammaturgia in un seminario curato da Martin Crimp. È assistente alla regia ne I sentimenti del maiale di Licia Lanera, artista con cui tornerà a lavorare nell’inverno 2021 interpretando Nina nel suo Gabbiano.

Claudia Grassi
Tomaso Becco (Muro)

Milanese, si avvicina al teatro grazie a Proxima Res, scuola diretta da Tindaro Granata, prima di frequentare la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano con il corso Giorgio Strehler (2017-2021). Si diploma nel luglio 2021 con un adattamento di Doppio sogno (Arthur Schnitzler) di Riccardo Favaro per la regia di Carmelo Rifici.

Igor Horvat
Oberon, Teseo

Nato a Faido, si diploma attore alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano nel 2000. È diretto da numerosi registi in altrettanti spettacoli: Luca Ronconi in Lolita, sceneggiatura di Nabokov e I due gemelli veneziani di Goldoni al Piccolo Teatro di Milano; Le baccanti di Euripide e Le rane di Aristofane al Teatro Greco di Siracusa; Roberto Guicciardini in Edipo re di Sofocle al Teatro Greco di Siracusa; Gabriele Lavia in Molto rumore per nulla di Shakespeare; Arpàd Schilling in Riccardo III di Shakespeare al Piccolo Teatro di Milano; Marinella Anaclerio al Piccinni di Bari in I Karamazov tratto da Dostoevskij; Il giardino dei ciliegi di Čechov diretto da Maurizio Salvalalio; Massimo Luconi in No man’s land di Sandro Veronesi al Metastasio di Prato; Tuccio Guicciardini in Mi chiamo Dino, sono elettrico tratto da Sebastiano Vassalli; I nomi scritto e diretto da Giorgio Marini.

È nel cast di numerose produzioni del LAC di Lugano: Gabbiano di Čechov e Ifigenia, liberata di Dematté-Rifici diretti da Carmelo Rifici; La bisbetica domata di Shakespeare per la regia di Andrea Chiodi; Elektra di Von Hofmannsthal diretto da Andrea Novicov. Oltre all’attività teatrale tra Svizzera e Italia, ha recitato in Russia, Polonia, Ungheria, Romania, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna, Senegal. Ha interpretato ruoli in lingua inglese, francese, tedesca e rumena. Nell’ambito del teatro musicale, recita in numerosi melologhi e intermezzi buffi, oltre che all’atto unico operistico Sancta Susanna di Hindemith con la direzione d’orchestra del Maestro Riccardo Muti. Al cinema partecipa a lungometraggi di produzione svizzera, italiana e indiana; in televisione è nel cast di varie fiction italiane e svizzere. Collabora regolarmente a numerosi radiodrammi prodotti dalla Rete Due della RSI Radiotelevisione svizzera sia come attore sia come regista; è autore di numerose riduzioni radiofoniche di romanzi, e voce protagonista di audiolibri.

Jonathan Lazzini
Egeo, Mastro Lindo (Leone)

Nato a Sarzana, vive a Milano, dove ha recentemente conseguito il diploma alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano recitando in Doppio sogno di Riccardo Favaro, tratto dall'omonima novella di Arthur Schnitzler, per la regia di Carmelo Rifici.

Attore e drammaturgo, è autore di tre raccolte di poesie. È socio di Situazione Drammatica, associazione fondata da Tindaro Granata per lo sviluppo della drammaturgia italiana contemporanea.

Sebastian Luque Herrera
Demetrio

Nato a Milano nel 1997 da madre italiana e padre cileno, studia presso il Liceo di Scienze Umane “Fabio Besta”. Dal 2015 lavora come attore presso il Teatro Officina di Milano. Subito dopo le scuole superiori è ammesso alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove studia con Carmelo Rifici, Alessio Maria Romano, Antonio Latella, Massimo Popolizio, Fausto Paravidino e Tindaro Granata. Partecipa allo spettacolo Ci ho le sillabe girate per la regia di Enzo Biscardi, al progetto Ci guardano - prontuario di un innocente per la regia di Carmelo Rifici, e al saggio/spettacolo Doppio sogno sempre diretto da Rifici al Piccolo Teatro di Milano. È autore e protagonista di Real Maravilloso, monologo realizzato in collaborazione con Tindaro Granata.

Alberto Marcello
Lisandro

Classe 1996, tra il 2012 e il 2016 è attore in numerose produzioni del Teatro Stabile d’Arte Contemporanea Akròama, dove incontra Lea Gramsdorff, attrice e pedagoga, con cui continuerà a formarsi. Nel 2017 viene ammesso alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, diretta da Carmelo Rifici, dove ha come maestri, tra gli altri, Alessio Maria Romano, Massimo Popolizio, Serena Sinigaglia, Paolo Rossi, Marta Ciappina e Lisa Ferlazzo Natoli. Nel 2021 è tra gli interpreti di Ci guardano - prontuario di un innocente diretto da Carmelo Rifici. A luglio dello stesso anno consegue il diploma presso la Scuola “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, recitando in Doppio sogno di Riccardo Favaro, tratto dall'omonima novella di Arthur Schnitzler.

Marco Mavaracchio
Pietro Zeppa

Nasce a Trieste nel 1994. Trascorre la sua infanzia a Mogliano Veneto dove vive fino all'età di 22 anni. Inizia la sua formazione teatrale al Teatro dell'Avogaria a Venezia dove fonda, con Stefano Pagin, la compagnia Indiana Teatro. Nella stagione 2016/17 lavora a Torino con la compagnia dei Fools, prima di trasferirsi a Milano per frequentare la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove studia con registi come Carmelo Rifici, Mauro Avogadro, Paolo Rossi e Antonio Latella.

Alberto Pirazzini
Roberto Famelico (Chiaro di luna)

Romagnolo classe 1997, appassionato di illusionismo, diplomato in Teoria e Solfeggio, dopo aver frequentato la Scuola di Teatro A. Galante Garrone di Bologna, studia alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma con Doppio sogno di Arthur Schnitzler adattato da Riccardo Favaro, per la regia di Carmelo Rifici. Nel suo percorso formativo incontra Chiara Bersani, Fausto Paravidino, Paolo Rossi, Serena Sinigaglia, Mario Perrotta, André Casaca, Massimo Popolizio, Marta Ciappina, Lisa Ferlazzo Natoli, Antonio Latella e Alessio Maria Romano. Prende parte a Ci guardano - prontuario di un innocente di Carmelo Rifici nell’ambito del progetto digitale Lingua Madre, Happiness di Alessandro Sciarroni, Specie di spazi di Fabio Condemi, Cavalleria rusticana di Emma Dante e Pierino e il lupo a cura di Vittorio Sgarbi.

Emilia Tiburzi
Bambina, Fata

Nasce a Roma nel 1996. Dopo aver conseguito la maturità classica, si diploma nel luglio 2021 alla Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano diretta da Carmelo Rifici, in cui ha la possibilità di approfondire gli studi con grandi Maestri, tra i quali Mauro Avogadro, Giovanni Crippa, Antonio Latella, Fausto Paravidino, Paolo Rossi, Tindaro Granata e lo stesso Rifici. Approfondisce lo studio del movimento e delle arti performative con, fra gli altri, Alessio Maria Romano, Maria Consagra, Michele Abbondanza e Marta Ciappina. Prende parte all'ultima produzione de La tragedia del vendicatore diretta da Declan Donnellan. È diretta da Carmelo Rifici in Ci guardano - prontuario di un innocente.

Anahi Traversi
Titania, Ippolita

Di origine italiana, svizzera e argentina, frequenta la facoltà di Lettere e filosofia all’Università degli Studi e la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano. Si perfeziona con un corso biennale diretto da Federico Tiezzi. Nel 2012 viene scelta da Riccardo Muti per il nuovo allestimento della Sancta Susanna di Paul Hindemith del Ravenna Festival. Dal 2013 collabora con il settore prosa della RSI Radiotelevisione svizzera e con il Conservatorio della Svizzera italiana, ed è attrice nella compagnia del Teatro Sociale Bellinzona. Nel 2014, insieme a Fabrizio Rosso, dà vita al progetto teatrale La extravagancia#0 dal monologo di Rafael Spregelburd, spettacolo selezionato dall’Incontro del Teatro Svizzero 2015. Nel 2016, insieme a Camilla Parini, debutta con Princesses Karaoke or something like that..., spettacolo finalista al Premio Schweiz. Dal 2016 inizia a collaborare con il LAC di Lugano: Carmelo Rifici la dirige in Gabbiano, Ifigenia, liberata e I Cenci; Andrea Novicov in Elektra; Emiliano Masala in Sei personaggi in cerca d’autore; Alan Alpenfelt in Jackie; Leonardo Lidi in Lo zoo di vetro. È tra i soci fondatori del Collettivo Treppenwitz: L’amore ist nicht une chose for everybody per la regia di Simon Waldvogel (2019) è il loro primo lavoro.

Beatrice Verzotti
Puck, Filostrato

Nasce nel 1992 a Milano, ma è a Roma che inizia a studiare professionalmente teatro, prima con Lisa Ferlazzo Natoli, poi con Marcello Cotugno. Torna nella sua città natale quando Carmelo Rifici la sceglie come allieva della Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma nel 2021. Lavora con Declan Donnellan ne La tragedia del vendicatore.

Guido Buganza
Scenografo

Scenografo, pittore e incisore. Diplomato in scenografia all’Accademia di Brera, intraprende una carriera teatrale internazionale in parallelo con la vocazione pittorico/incisoria. Ha all’attivo circa ottanta produzioni teatrali; firma le scenografie di opere di prosa, opera, balletto e cinema, ma anche mostre e installazioni. Numerose volte è stato finalista ai Premi Ubu. Per il LAC firma le scene de Il barbiere di Siviglia di Rossini, suggellando un sodalizio artistico con Carmelo Rifici che prosegue da venti anni. Collabora con Monica Conti, Piero Maccarinelli, Andrée Ruth Shammah, Claudio Beccari, Peter Greenaway, Andrea Chiodi, Jacopo Gassmann, Massimo Navone. Ha curato l’allestimento di Arti liberali in collaborazione con RSI Radiotelevisione svizzera.

Ilaria Ariemme
Costumista

Studia Scenografia e Costume per lo Spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera. Crea i costumi di numerosi spettacoli lirici per la regia di Roberto Catalano e Maria Paola Viano. Collabora con Andrea Chiodi in numerosi spettacoli: Le Troiane, Ecuba, Apologia e Una bestia sulla luna, prodotti dal Centro Teatrale Bresciano; Fare un’anima di e con Giacomo Poretti, e La bisbetica domata per il LAC; I Persiani per il Teatro Due di Parma; Lung ‘me la Fabrica del Domm per Expo 2015 e Sogno d'una notte di mezza estate ai Giardini Estensi di Varese. Collabora con la compagnia Teatro dei Gordi il cui spettacolo più recente, Pandora, ha debuttato alla Biennale Teatro di Venezia (2020). Firma i costumi di Sei personaggi in cerca d'autore, diretto da Emiliano Masala e prodotto dal LAC (2018).

Partecipa al progetto internazionale Platform 11+ realizzando scene, costumi e puppets di What Light, regia di Katie Posner e Face me, regia di Lotte Lohrengel e Tom Bellerby. Ha lavorato come assistente di Maria Carla Ricotti, Francesco Zito e Margherita Baldoni.

Zeno Gabaglio
Compositore

Conseguiti diploma in violoncello, master in improvvisazione libera e laurea in filosofia (a Lugano, Basilea e Firenze), si dedica alla musica in varie forme, prediligendo gli approcci più autentici e – forse – meno scontati. Ad oggi, ha pubblicato quattro dischi (Uno, Pulver&Asche 2007; Gadamer, Altrisuoni 2009; Niton, Pulver&Asche 2013 e Tiresias, Pulver&Asche 2015), realizzato più di quaranta colonne sonore (sia in cinema sia in teatro) e partecipato a concerti in Europa, America e Asia. Recentemente è stato inserito nella raccolta Interactions: A Guide to Swiss Underground Experimental Music. Nel corso dell’ultimo anno ha realizzato le colonne sonore di numerosi film: Moka noir di Erik Bernasconi, Ultima sfornata a Beride di Villi Hermann, Love me tender di Klaudia Reynicke, One more jump di Manu Gerosa e Lo sguardo del ritorno di Andrea Canetta. In ambito teatrale ha collaborato con Carmelo Rifici per Macbeth, le cose nascoste, Uomini e no, Ifigenia, liberata, Purgatorio e Gabbiano; con Andrea Chiodi per La bisbetica domata; con Trickster-p per Book is a Book is a Book e Nettles; con Antonio Ballerio per Non ogni notte la luna.

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