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lunedì 22 maggio 2023

SALA UMBERTO DI ROMA
STAGIONE TEATRALE 2023/2024

In questo anno appena trascorso abbiamo visto l’affermarsi di un nuovo governo e purtroppo la continuazione del conflitto in Ucraina, con le sue tragiche conseguenze umane ed economiche.

La comunità teatrale ha ripreso a frequentare i teatri di prosa, ma siamo ancora lontani dai numeri del pre-Covid19.

Non ci perdiamo d’animo e continuiamo sulla strada della costruzione di nuovo pubblico attraverso la cura nella formazione del personale del Teatro e nella proposta culturale che sarà più popolare, nel segno della commedia brillante, della musica e della drammaturgia contemporanea, pronta a cogliere con ironia i lati deboli dell’umanità intorno a noi.

Una proposta multidisciplinare, dove i linguaggi a disposizione del racconto possono dare emozioni e sollecitare un pensiero critico; dobbiamo fare rete nel territorio, guardare ai giovani artisti, promuovere il teatro scuola e la formazione.

Andare a teatro è un momento per vivere insieme un'esperienza; il teatro genera benessere psicofisico: ridere, pensare, condividere in gruppo fa bene.

Il teatro è incontro e scambio tra diverse generazioni.

La nuova stagione ospita prevalentemente autori contemporanei, oltre ai classici Goldoni e Moliere come Giacomo Ciarrapico, Mirco Setaro e Francesco Velonà, Peppe Barra e Lamberto Lambertini, Giovanni Scifoni, Carlo Buccirosso, Michele Sinisi, Pier Francesco Pingitore; e come stranieri Daniel Pennac, Alexis Michalik, Caroline Francke, Marshan Norman.

Ad oggi la stagione si compone di 15 spettacoli in abbonamento ed inizia il 26 settembre con UN GIORNO COME UN ALTRO scritto e diretto da Giacomo Ciarrapico, con Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri. La commedia attraverso un paradosso mette in evidenza la riduzione della consapevolezza del valore del voto nella democrazia. Ciarrapico, con una scrittura semplice e ironica, induce a riflette su temi rilevanti.

Un seggio elettorale è a modo suo un luogo simbolo di una democrazia. Quel semplice gesto, ossia votare, per anni è stato considerato quasi sacro da molti italiani, ma con il passare degli anni c’è stato uno scollamento sempre maggiore tra Paese reale e classe dirigente. E questo fenomeno ha provocato un disinteresse dilagante da parte dei cittadini nei confronti di quel gesto sacro: a ogni tornata elettorale, la prima vera notizia è la crescente astensione degli aventi diritto.

È, secondo gli analisti, una malattia irreversibile.

Qui si racconta quel giorno in cui l’astensione raggiungerà livelli quasi assoluti e solo il 4% della popolazione andrà a votare.

Ma un seggio elettorale è anche un luogo dove alcuni cittadini, gli scrutatori, sono costretti a passare un’intera giornata uno accanto all’altro. Non sapendo nulla uno dell’altro e spesso avendo visioni diverse del mondo e quindi, non di rado, mal sopportandosi vicendevolmente.

Ed è così che Ranuccio e Marco si ritroveranno fianco a fianco nella sezione 4607 (un seggio alle porte di Roma) ad aspettare gli elettori.

Uno spettacolo sospeso dove Godot sono gli italiani.

Il 10 ottobre debutta IL PADRE DELLA SPOSA di Caroline Francke, con Gianfranco Jannuzzo e Barbara De Rossi, diretti da Gianluca Guidi, commedia campione d’incasso a Milano al Teatro Manzoni nella stagione appena conclusa.

Giovanni, dentista sposato con Michelle e padre di famiglia, ha una bella figlia, Alice, che sta per convolare a nozze; figlia a cui vuole molto bene e di cui è molto geloso.

La ragazza sta per sposare Ludo, rampollo di una ricca famiglia, ma l’imminente matrimonio avrà un effetto straziante sul povero padre, che in cuor suo non accetta l’idea che oramai la figlia sia una donna. Il solo pensiero di lasciare la sua adorata fanciulla nelle mani di uno sconosciuto lo fa andar di matto. A peggiorare le cose ci si metterà anche l’esorbitante costo del matrimonio.

Così la famiglia e i parenti del povero dentista vivranno momenti di alta tensione, essendo testimoni dei suoi bizzarri comportamenti che si amplificheranno dopo l’incontro con Boris, il noto eccentrico “wedding planner”, incaricato di organizzare una cerimonia sofisticata.

Una commedia piena di umorismo, con situazione teneri e divertenti.

Tra Novembre e Gennaio ampio spazio al teatro napoletano, rappresentato da Biagio Izzo in BALCONE A 3 PIAZZE, che debutta il 31 ottobre.

Napoli. Antivigilia di Natale. Un’inattesa bufera ha interrotto tutti i collegamenti con il resto dell’Italia.

Alfredo si trova costretto a rinunciare al viaggio con la moglie, da cui si è separato, organizzato appositamente nella speranza di rallacciare il rapporto.

Mentre è solo in casa, sente bussare alla finestra del balcone. Un uomo infreddolito gli chiede di farlo entrare. È Riccardo, l’amante della vicina, scappato sul cornicione per evitare il marito rincasato prima del previsto a causa della tempesta. Ma la vicina di Alfredo, Elis, non è altro che la giovane moglie venezuelana del suo amico Michele.

Dovrà anche fronteggiare Ciro, un rapinatore capitato anch’egli sul suo balcone nel tentativo di scappare dall’appartamento in cui si era introdotto.

Tanti personaggi compongono questa commedia esilarante, costruita sugli equivoci in un intreccio di storie permeate di sano umorismo. La sera prima della vigilia di Natale.

Peppe Barra e Lalla Esposito che tornano il 21 novembre con il capolavoro LA CANTATA DEI PASTORI, che celebra la nascita del figlio di Dio, diretti da Lamberto Lambertini.

TRAMA

Immaginiate due napoletani, due morti di fame, Razzullo, scrivano in abiti settecenteschi, capitato in Palestina per il censimento voluto dall’Imperatore Romano, e Sarchiapone, suo compaesano, in fuga per i crimini commessi, mentre Giuseppe e la Vergine Maria vagano in cerca di alloggio per far nascere Gesù. Immaginate una tribù di Pastori in attesa del Messia.

Immaginate una turba di Diavoli, mandati da Lucifero sulla terra per ucciderela Sacra Coppia, spaventare e torturare in tutti i modi i due disgraziati compagni, che le provano tutte pur di trovare un lavoro che permetta loro di mangiare.

Immaginate l’Arcangelo Gabriele, armato come un San Michele, proteggere tutti, ricacciare le Furie nel buio dell’Inferno e permettere che nasca il Redentore.

Immaginate

STORIA

IL VERO LUME TRA LE OMBRE, era il titolo di una sacra rappresentazione data alle stampe, nel 1698, dal gesuita Andrea Perrucci, che firmava con lo pseudonimo di Casimiro Ruggero Ugone, scritta con intenti moraleggianti, per contrastare i rituali con i quali il popolino onorava le feste come il Carnevale e il Natale.

Dalla metà dell’ottocento il titolo si cambiò in: LA CANTATA DEI PASTORI. Verso la fine del Settecento, al Povero Razzullo che, senza coprotagonista non aveva modo di inventare lazzi e contrasti tipici della Commedia dell’Arte, venne affinacato Sarchiapone, un suo doppio, una sua evocazione, un suo mister Hyde, un gangster travestito da clown.

Sarchiapone, al contrario dello spaventatissimo Razzullo, non ha paura di nulla, nemmeno dei draghi dell’Inferno. Assassino, ladro, gobbo, deforme, maligno, bugiardo, in poche parole il beniamino di noi bambini.

La Cantata, a dispetto del titolo, non aveva canzoni. Anno dopo anno il popolo ha arricchito il copione con tutti i linguaggi, alti e bassi del teatro: farsa, avanspettacolo, commedia dell’arte, musical.

Già nell’ultimo dopoguerra Sarchiapone appariva cantando le canzonette più in voga, con il massimo godimento del pubblico. La tradizione popolare stravolse a poco a poco quel testo della controriforma, volgarizzandolo, rovesciandone gli intenti educativi, edificanti, riuscendo così a strapparlo dall’ineluttabile oblio del tempo. Lo spettacolo andava in scena alla mezzanotte del 24 dicembre. Al popolino, dopo la cena della Vigilia, toccava fare una scelta: a Messa o a Teatro?

REGIA

Un’edizione nuovissima della Cantata. Un’ora e quaranta minuti, senza intervallo. Nuove scene, nuovi i costumi e le musiche, nuovi gli attori e i cantanti, per giocare i loro ruoli con Peppe Barra, che incarna da cinquant’anni il pulcinellesco Razzullo.

Lalla Esposto, già in coppia con Peppe nella trionfale tournée dell’anno scorso con Non c’è Niente da Ridere, interpreterà un comicissimo Sarchiapone.

Uno spettacolo che vuole mettere al centro la lingua, la musica, la storia della città di Napoli, unico luogo al mondo dove sia stato possibile creare, e conservare così a lungo, uno spettacolo dal genere indefinibile, un unicum teatrale, frutto di secoli di devozione. Uno spettacolo che sia, allo stesso tempo, colto e popolare, comico e sacro, profondo e leggero, commovente e divertente per un pubblico di grandi e di piccini. Uno spettacolo all’antica italiana, dove, sulle tavole scalcagnate, i guitti impersonavano più ruoli, in una girandola di travestimenti che diverte il pubblico e spaventa i due affamati protagonisti.

Gli altri collaboratori artistici sono, squadra vincente non si cambia, Carlo De Marino per le scene, Annalisa Giacci per i costumi, Giorgio Mellone per le musiche dal vivo, Francesco Adinolfi per le luci, Francesco Esposito l’aiutoregia.

La regia è di Lamberto Lambertini.

La nuova commedia IL VEDOVO ALLEGRO, scritta diretta e interpretata da Carlo Buccirosso in scena con la sua compagnia dal 26 dicembre per le feste di Natale, fino al 21 gennaio.

Tre anni dopo la fine della pandemia, Cosimo Cannavacciuolo, vedovo ipocondriaco stabilmente affetto da ansie e paure, inquilino del terzo piano di un antico palazzone situato nel centro di Napoli, persa la sua amata moglie a causa del virus, si ritrova a combattere la solitudine e gli stenti dovuti al fallimento della propria attività di antiquariato, che lo ha costretto a riempirsi casa della merce invenduta del suo negozio e a dover lottare contro l’ombra incombente della banca concessionaria del mutuo che, a causa dei reiterati mancati pagamenti, minaccia l’esproprio e la confisca del suo appartamento…

La vita di Cosimo sarebbe stata molto più vuota e monotona senza la presenza di Salvatore, bizzarro custode del palazzo, e dei suoi due figli Ninuccio e Angelina, il primo in costante combutta con lo stesso e la seconda votata al matrimonio e alla pulizia del suo appartamento.

Ed è anche per fronteggiare le difficoltà economiche del momento che Cosimo ha concesso l’uso di una camera dell’appartamento a Virginia, giovane trasformista di cinema e teatro che gli porta una ventata di spensieratezza che non guasta…

Ma la vera angoscia del vedovo antiquario è rappresentata dai coniugi Tomacelli, vicini di casa, depositari di un drammatico segreto che da mesi contribuisce a rendere ancora più complessa la sua quotidiana e strenua lotta per la sopravvivenza!

Riuscirà l’inquilino del terzo piano ad uscire dal baratro in cui è piombato ormai da tre anni?

Lo scoprirete solo venendo a teatro…

Nel 2023 si celebra l’anniversario degli 800 anni della nascita di San Francesco. Un evento così importante non poteva che essere raccontato dall’estro creativo di Giovanni Scifoni che debutterà il 5 dicembre con FRA’ - SAN FRANCESCO LA SUPERSTAR DEL MEDIOEVO, fino all’antivigilia di Natale.

Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti?

Se chiedo a un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco.

Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo che oggi potremmo definire un “frikkettone” che lascia tutto per diventare straccione?

Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo.

Il 24 dicembre celebreremo gli 800 anni del presepe di Greccio, la più geniale (e più copiata) invenzione di Francesco.

Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte.

Dalla predica ai porci fino alla composizione del Cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia, Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività.

Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me.

E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con “Sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”.

E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali.
Giovanni Scifoni

Nella seconda parte di stagione, dal 24 gennaio ospiteremo uno spettacolo intimo, STORIA DI UN CORPO di Daniel Pennac, interpretato da Giuseppe Cederna, per la regia di Giorgio Gallione. Uno straordinario percorso dentro un’esistenza in forma di diario, che un padre dona alla figlia.

Storia di un corpo è il viaggio di una vita, uno straordinario percorso dentro un’esistenza. Un tenero e sorprendente regalo post mortem, in forma di diario, che un padre fa alla figlia adorata. Una confessione e insieme un’analisi, fisica ed emozionale, che il nostro io narrante ha tenuto dall’età di dodici anni fino agli ultimi giorni della sua vita. Una narrazione fluviale dove, attraverso le sue scoperte e le sue mutazioni, il corpo del protagonista prende progressivamente la scena, accompagnandoci in un mondo che si svela attraverso i sensi, diremmo quasi l’epidermide: la voce anaffettiva della madre, gli abbracci silenziosi del padre, l’odore accogliente dell’amata tata, il dolore bruciante di una ferita, il sapore dei baci della donna amata.

Pagine e pagine di un diario intimo dove, raccontando di muscoli felici, di orgasmi potenti, di denti che fanno male o di meravigliose avventure tra sonno e veglia, si narra una vicenda unica ed insieme universale: lo sviluppo, la crescita e la rovina della sola esperienza che ci fa davvero tutti uguali, quella di noi grandiosi e vulnerabili esseri umani.

E il fatto che questo avvenga attraverso la scrittura e la narrazione (l’uomo è la sola creatura narrante) dà la possibilità a Pennac di accompagnarci alla scoperta di quel giardino segreto che è il nostro corpo, di un organismo che è insieme memoria, testimonianza e lascito.

Pennac racconta della sanguinolenta battaglia contro un polipo nasale o della paralizzante scoperta del corpo femminile, dell’”infamia” della masturbazione o del miracolo della nascita, della tirannia delle flatulenze o della tragedia della morte sempre e continuamente tra sorpresa e sorriso, tra fatalità e miracolo, grandezze e miseria.

E qui la “voce” di Pennac si fa grande teatro, smette di essere libro e si trasforma in epica narrazione orale dove il diario di un corpo diventa una storia “che merita di essere raccontata”.

NOTE DI REGIA

1991: entro alla Libreria Feltrinelli di Genova. Stanno modificando la posizione di libri e collane. Struzzi, Istrici, Elefanti migrano in nuovi scaffali. Uno dei librai dribbla audacemente una piramide di Canguri, scontra un banco di Delfini, inciampa, cade.

I volumi rimbalzano a terra, io cerco di aiutare, ne raccolgo un paio. Sulla quarta di copertina intravedo un commento di Stefano Benni, leggo e intanto aiuto a riordinare. “Sono arrivati oggi”, mi dice il libraio. Annuisco e intanto fotografo con gli occhi alcune parole: capro espiatorio, cane epilettico, Babbo Natale assassino.

Volto il libro e vedo il titolo IL PARADISO DEGLI ORCHI di Daniel Pennac. Torno alla quarta, leggo “figlio di Chandler e Queneau”. Molti indizi fanno una prova direbbe Philip Marlowe, e allora il libro è mio, lo compro.
Giorgio Gallione

Torna dal 6 febbraio il teatro di espressione corporea della compagnia tedesca FAMILIE FLÖZ in versione noir, con HOTEL PARADISO. Un giallo sulle Alpi pieno di umorismo e sentimenti travolgenti. Uno spettacolo privo di parole ma straordinariamente eloquente, grazie alle maschere e all’uso sapiente del corpo.

Strane cose accadono nel tranquillo HOTEL PARADISO, un piccolo albergo di montagna gestito con pugno di ferro dalla anziana capo-famiglia. Ci sono quattro stelle che orgogliosamente troneggiano sull‘entrata e una fonte che promette la guarigione di malattie fisiche e psichiche. Ma si intravedono nubi all‘orizzonte. Il figlio sogna il vero amore mentre combatte una dura battaglia con la sorella per mantenere il controllo sulla gestione dell‘albergo.

La donna del piano ha un problema di cleptomania e il cuoco ha una passione, quella di macellare, non solo animali...

Quando il primo cadavere affiora, tutto l‘albergo scivola in un vortice di strani avvenimenti. Fra le alte vette delle Alpi si aprono abissi da cui è impossibile fuggire. La chiusura dell’albergo sembra a questo punto solo una questione di tempo. Si sa, un cadavere non porta mai bene...

Familie Flöz in versione noir! Un giallo sulle Alpi pieno di umorismo, sentimenti travolgenti e un tocco di melanconia.

FAMILIE FLÖZ – LA STORIA

Flöz affonda le sue radici nella Folkwang-Hochschule di Essen, l‘unico istituto di formazione stataleper il teatro di espressione corporea in Germania. Nel 1994 ha luogo la prima rappresentazionedell’opera teatrale ÜBER TAGE nell’Aula Magna della Folkwang-Hochschule, seguita nel 1995 dalla versione ridotta FLÖZ & SÖHNE. Nel 1996 presso la miniera dismessa “Hannover” a Bochum, ha luogo la prima assoluta della pièce FAMILIE FLÖZ KOMMT ÜBER TAGE, un omaggio alla cultura del lavoro e dell’industria mineraria della regione della Ruhr. L’opera viene salutata da stampa e pubblico come un grande successo e nel 2003 ispirerà il nome del gruppo. Flöz è il nome di uno strato geologico contenente preziose materie prime.

Nel 1998 il gruppo realizza il suo secondo spettacolo, RISTORANTE IMMORTALE, messo in scena nel Maschinenhaus di Essen con un ensemble rinnovato. RISTORANTE IMMORTALE inizia il suo tour in Spagna con tre settimane di spettacoli e diviene ospite del Festival de Otoño di Madrid; nel 1999 per la prima volta va in scena a Berlino. In occasione del debutto al Festival Fringe di Edimburgo del 2001, il gruppo si conferisce il nome Flöz Production, trasformato poi nell’attuale Familie Flöz. Nel 2000 e 2001 nascono a Essen e Dortmund le produzioni TWO% – HAPPY HOUR e TWO% – HOMO OECONOMICUS.

La pièce TEATRO DELUSIO, portata in scena per la prima volta nel 2004 all’Arena di Berlino, riscuote nuovamente un grande successo internazionale. Nel 2006 nascono due nuove produzioni: INFINITA, la cui prima assoluta ha luogo presso la Akademie der Künste di Berlino e HOTEL PARADISO che debutta nell’Admiralspalast di Berlino. L’attuale versione di HOTEL PARADISO viene portata in scena per la prima volta nel Theaterhaus Stuttgart nel 2008 con una nuova formazione della compagnia.

Nella cornice di “Duisburg Capitale Europea della Cultura”, nasce nel 2010 presso il Theater Duisburg la prima versione di GARAGE D'OR, la cui prima berlinese ha luogo nel 2011 presso la Volksbühne.

L’elaborazione della seconda versione della pièce, che debutta nel 2012 presso il Theaterhaus Stuttgart, viene registrata per il documentario Dietro la maschera - Il Teatro della Familie Flöz (titolo originale: Hinter der Maske - Das Theater der Familie Flöz) realizzato da arte TV e WDR. La prima del film ha luogo a Lipsia, nel corso del festival euro-scene.

Nel 2013, con entusiasta risonanza di stampa e pubblico ed il premio Off Critic Prize, Festival

d’Avignon, Flöz conclude la prima partecipazione al Festival di Avignone. Nel Novembre 2014 esce la nuova produzione HAYDI!, che ottiene nel 2015 il riconoscimento del Premio Monica Bleibtreu come “Miglior Commedia”. Al Festival Fringe di Edimburgo 2015 HOTEL PARADISO si esibisce per tre settimane di fronte a sale del tutto esaurite.

Familie Flöz è stata a oggi con le sue opere teatrali in tournée in 34 diversi paesi.

Nel 2013 la compagnia inaugura lo Studio Flöz a Berlino, nuovo luogo di produzione e creazione di teatro fisico.

FAMILIE FLÖZ – APPROCCIO AL TEATRO

Familie Flöz fa teatro servendosi di mezzi che vengono “prima“ del linguaggio parlato. Ogni conflitto si manifesta prima di tutto nel corpo. Il conflitto corporeo è l'origine di ogni situazione drammatica. Tutte le pièce teatrali hanno origine da un processo creativo-collettivo, nel quale tutti gli interpreti fungono anche da autori di figure e di situazioni. Nel corso di svariate improvvisazioni, il gruppo individua un tema, raccoglie materiale drammatico e ne discute ancora molto a lungo, prima di mettere in gioco le maschere. Similmente a un testo, una maschera porta con sé non solo una forma, ma anche uncontenuto. Il processo di sviluppo di una maschera, che va dalla sperimentazione sul palco, fino alla simbiosi attore/maschera è determinante per il risultato.

Il paradosso fondamentale della maschera, cioè il fatto di celare un viso animato dietro una formastatica e con essa di creare figure viventi, costituisce per l'attore una vera e propria sfida daraccogliere. E non solo per lui. La maschera prende vita innanzitutto nell'immaginazione dellospettatore, il quale, in questo modo, ne diventa, in una certa misura, anche il creatore.

Ricettivi anche verso le reazioni degli spettatori, con uno sguardo critico sempre rivolto al proprio lavoro, tutte le produzioni Flöz vengono spesso modificate nel corso del tempo, sviluppando così la loro pienezza e intensità.

Dal 13 febbraio uno spettacolo che parla di amore tra una madre e una figlia in un surreale intreccio di tenerezza e morte. Il testo BUONANOTTE MAMMA è stato scritto da Marsha Norman, premo Pulitzer nel 1983. Due grandi interpreti: Marina Confalone e Mariangela D’Abbraccio, dirette da Francesco Tavassi.

Premio Pulitzer nel 1983 Buona notte mamma (Night, mother) della autrice americana Marsha Norman fu reso famoso dalla versione cinematografica del 1986 con Anne Bancroft e Sissy Spacek per la regia di Tom Moore e fu portato in scena per la prima volta in Italia dal Piccolo Teatro nel 1984 con protagoniste Lina Volonghi e Giulia Lazzarini per la regia di Carlo Battistoni.

La scena rappresenta uno scorcio della casa di Thelma; su una parete, ben visibile un orologio scandirà in tempo reale il conto alla rovescia che conduce, in un alternarsi di emozioni e di suspense, protagoniste e pubblico verso l’epilogo.

La vicenda si snoda in una sola serata, durante la quale Jessie Cates annuncia con lucida calma alla mamma Thelma che di lì a poco si suiciderà, per questo inizierà ad organizzarle scrupolosamente il futuro, curando tutto quanto di quotidiano e pratico le servirà in sua assenza dopo l'ultima “buonanotte, mamma”. Thelma tenterà disperatamente e con ogni mezzo di distogliere la figlia dal drammatico intento replicando “colpo su colpo”, agli argomenti della figlia preda di un insopportabile mal di vivere e decisa a compiere quest’ultimo atto in estrema libertà e autodeterminazione.

Da questo disperato confronto, emerge l'impietoso racconto della loro esistenza e del loro fallimentare rapporto affettivo, sebbene, a tratti, la disperazione di Thelma e la lucida determinazione di Jessie, nel paradosso della situazione, generino momenti tragicomici rendendo ancora più dolorosa ed emozionante la narrazione. In scena, tenerezza e morte si intrecciano in un surreale quotidiano all’amore tra una madre ed una figlia.

In questa edizione, due superbe attrici, Marina Confalone e Mariangela D’Abbraccio, daranno voce, corpo e soprattutto anima a madre e figlia, sostenute da una messa in scena attenta a porle sempre in primissimo piano; così da regalare al pubblico la sensazione di averle sempre sotto controllo per poterne carpire le emozioni in ogni sguardo, in ogni respiro.

Dal 27 febbraio Michele Sinisi mette in scena un progetto esperienziale: SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE DI LUIGI PIRANDELLO, nel quale lo spettatore viene totalmente coinvolto nella rivisitazione contemporanea del classico, per indagare il rapporto tra vita e arte, reale e virtuale. Ogni sera ci sarà una guest a sorpresa nella compagnia.

Quando lo spettacolo debuttò nel 1921, al Teatro Valle di Roma, la platea contestò la pièce al grido: “Manicomio! Manicomio!”. Il pubblico si trovò di fronte a qualcosa di completamente inedito, un assalto alla forma del teatro borghese, una non-storia in cui a essere messi sotto indagine non erano solo il meccanismo teatrale e la creazione artistica, ma lo stesso rapporto tra realtà e finzione.

Nel tempo, però, i Sei Personaggi sono passati da essere una pietra di scandalo a testo “classico”, da matinée per le scuole, un pezzo da museo della letteratura italiana.

Mettere in scena questo testo oggi significa muoversi in una mediasfera dove il confine tra vita privata, storytelling, informazione e manipolazione è sempre più labile. Senza contare che lo stesso concetto di “io” è profondamente mutato, moltiplicandosi e sfaccettandosi su tutti i nostri device e account social, in un’oscillazione continua tra realtà e rappresentazione.

A quasi cento anni di distanza, Sei personaggi in cerca d’autore è ancora l’opera che meglio indaga il nostro rapporto tra vita e arte, reale e virtuale.

Tra incursioni meta teatrali, prove aperte e nuovi ospiti ogni sera, l’opera di Pirandello è l’occasione per confrontarsi con la grande domanda: che cosa rimane dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale?

Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello – il nome dell’autore in questo allestimento è diventato parte del titolo – è uno spettacolo matrioska, se così si può dire, in cui il piano meta-teatrale già presente nel testo viene portato all’estremo generando un cortocircuito dove attori, personaggi e pubblico convivono e si mescolano in un happening unico e irripetibile ogni sera.

Ad ogni replica, infatti, fra gli attori del cast irromperanno sul palco altre persone/personaggi a sorpresa – protagonisti del panorama teatrale - che interpreteranno una scena dello spettacolo destinata poi ad essere riprodotta come in uno specchio riflesso all’infinito. In un gioco di rifrazioni che userà ogni mezzo tecnologico a disposizione per ricreare il qui e ora dello spettacolo.

Dal 26 marzo Benedicta Boccoli e Lorenzo Mario dirette da Stefano Artissunch in LE PREZIOSE RIDICOLE, da Moliere. Uno spettacolo musicale a tutti gli effetti, ambientato a Roma negli anni ’40.

LE PREZIOSE RIDICOLE è un’opera che rivela l’estro e la genialità comica di Molière come autore di superamento del grande fenomeno della Commedia dell’Arte.

Due giovani donne vogliono a tutti i costi esistere agli occhi di un ambiente che non le riconosce e con modalità che nessuno comprende. Cadono nella trappola tesa da due corteggiatori che precedentemente hanno umiliato giungendo ad un punto di cecità da cui la commedia trae la sua forza comica e le domande più attuali tipo il chiedersi fino a che punto si può arrivare per essere o sentirsi amati.

Nell'adattamento di Stefano Artissunch lo spettacolo è ambientato a Roma negli anni 40 e racconta l’avventura farsesca di due donne provinciali e dei loro corteggiamenti.

Protagoniste un eccezionale duo di attrici - cantanti - ballerine come Benedicta Boccoli e Lorenza Mario che interpretano Caterina e Maddalena, artiste d’avanspettacolo che per vivere si esibiscono in un varietà stile “Cafè Chantant”. Le “Preziose” sono molto apprezzate e corteggiate, i loro numeri piacciono al pubblico perchè divertenti e coinvolgenti.

Tra musica, danza e fare giocoso delle protagoniste si insinua la critica di un periodo difficile dell'Italia della seconda Guerra Mondiale. Una società anestetizzata dalla propaganda che non si accorge che qualcosa di distruttivo è alle porte. Tuttavia il mondo dello spettacolo sembra non risentirne e, tra un'esibizione d'avanspettacolo e l’altra, davanti ad un pubblico rapito da performance e scintillio di luci del varietà, le due attrici raccontano il tempo sia sul palcoscenico che nei camerini dove si snodano le loro vicende personali.

Nello spettacolo, ideato dal regista Artissunch (anche in scena nel ruolo del presentatore), si attualizzano i bellissimi dialoghi di Moliere che rivivono attraverso il divertimento di numeri/performance e canzoni anni 30-40. Non mancano spunti di riflessione sulla dignità umana calpestata dai controsensi della guerra.

NOTE DI REGIA

Il preziosismo è stato un movimento sociale, morale e letterario della prima metà del XVII secolo. Stanche dell'impoverimento della lingua e dei costumi, le donne della nobiltà e dell'alta borghesia si incontravano nelle loro camere da letto, poi nei salotti, per parlare di letteratura, sentimenti e per condividere le loro produzioni letterarie.

Il progetto rappresenta l'opportunità di affrontare non solo il tema del preziosismo che oggi definirei “la ricerca ossessiva dell’essere alla moda” ma anche l’opportunità di giocare con la genesi del ridicolo in teatro. Nonostante il titolo, questa ridicolaggine non è circoscritta al genere femminile ma riguarda anche tutti coloro che provano a "farne parte", quindi Mascarillo, Jodelet e in qualche modo anche Gorgibus.

Ho sviluppato il progetto de Le Preziose Ridicole pensando ad uno spettacolo musicale a tutti gli effetti con partitura che spazia da titoli come Milord, Ma L’Amore No, Maramao Perchè Sei Morto, Amore Baciami e tanto altro.

La messa in scena si allinea con il testo di Moliere, il Prezioso è Lo Spettacolo, “Lo Show” dove comici e cantanti provinciali lottano per essere all'altezza delle proprie ambizioni e per mostrare il sogno che li abita. Gli attori della vicenda sono tutti perdenti e fanno tenerezza per la smania di rimanere empatici con i personaggi che portano in scena. Questa loro ostentata empatia li conduce in realtà in una dimensione drammatica-ridicola per loro ma molto divertente per il pubblico che ride della situazione insostenibile e della sua risoluzione.

Come non cogliere in tutto ciò il parallelismo con la nostra società dove i social network offrono a tutti l'opportunità e l'illusione di essere al centro di un mondo senza i quali non esisterebbero. Una società delle apparenze dove “le persone di qualità sanno tutto senza aver mai imparato nulla”, ovvero credono di sapere ed è questo l’errore.

Caterina e Maddalena, attraverso il voler essere artiste esprimono il legittimo desiderio di emancipazione ed il pubblico, come spettatore di un reality-show, prova affetto per queste ragazze animate dal desiderio di apparire per esistere ma profondamente fragili, umane e sempre alla ricerca di conferme-riconoscimenti perchè vittime delle loro personalità non delineate.
Stefano Artissunch

Dopo Pasqua, il 4 aprile, debutta IL GIUOCATORE di Carlo Goldoni, adattato, diretto e interpretato da Roberto Valerio, con un cast di altissima qualità. Un testo tra la commedia e il dramma, molto attuale, con musiche dal vivo, canzoni e ballo.

Il Giuocatore è una delle “sedici commedie nuove” che Goldoni si impegna a scrivere, sul finire del carnevale del 1750, per sfida con il pubblico veneziano, in un solo anno (dando vita ad alcuni capolavori come La bottega del caffè e Il bugiardo).

La commedia è un vivido studio di caratteri, tratteggiati con brio e precisione, che compongono il ritratto di un’intera società, con le sue virtù e, soprattutto, i suoi vizi.

Goldoni si era proposto infatti il compito di rappresentare un “teatro esemplare” che “svegliasse” dalla fascinazione del gioco. E parlava, come sempre per il più umanista dei drammaturghi, per esperienza personale: egli stesso, confessa nella prefazione dell’edizione a stampa, aveva sperimentato sulla propria pelle “le pessime conseguenze di questo affannoso piacere”, frequentatore assiduo dei Ridotti, locali annessi ai teatri specifici per i vari tipi di gioco, diffusissimi nella Venezia del Settecento.

Al centro della commedia sta Florindo, che divorato dalla passione per il gioco perde tutto: i soldi, le amicizie, l’amore della promessa sposa Rosaura, che pure ama sinceramente, e non esita a promettere di sposare la vecchia e ricca Gandolfa pur di ottenere i soldi per giocare ancora e continuare a sognare, come tutti i giocatori di ieri e di oggi, la “vincita favolosa” che gli permetterà di abbandonare il tavolo verde.

Il Giuocatore è un testo magnifico, sempre in bilico tra commedia e dramma, di una modernità sconcertante, una commedia nera che racchiude in sé la possibilità di raccontare con leggerezza i vizi e le ipocrisie dell’uomo, dove la risata sgorga spontanea ma mai in maniera banale.

La musica dal vivo, il ballo e le canzoni interpretate dai personaggi arricchiscono di significato le varie situazioni della commedia regalando allo spettatore uno spettacolo complesso e variegato in cui l’arte antica di Goldoni incontra il contemporaneo.

Uno spettacolo per tutti, divertente ma graffiante al tempo stesso, ironico e giocoso senza tralasciare il dramma del protagonista, uno spettacolo coinvolgente che punta a riscoprire la vera anima di Goldoni, scrittore capace sì di scandagliare in profondità l’animo umano, ma sempre col sorriso sulle labbra strizzando l’occhio alla comicità involontaria di personaggi spesso tragicamente ridicoli.

Dal 17 aprile Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci in INTRAMUROS di Alexis Michalik, tra i più noti drammaturghi francesi contemporanei, pluripremiato. La traduzione e la regia sono di Virginia Acqua. Ambientato in un carcere.

Riccardo è un giovane regista cui viene proposto di tenere un seminario di teatro in un carcere. Spera in una forte affluenza ma non si presenteranno che due detenuti. Kevin, il cane sciolto e il più anziano, mite e taciturno Angelo. Riccardo, assistito dalla sua aiuto regista, incidentalmente anche sua ex moglie e dalla solerte assistente sociale che lo ha contattato per il corso, decide suo malgrado di tentare comunque l’impresa.

Un incrocio vorticoso di storie e stati d’animo, che vengono rappresentati in tempo reale e flashback con ritmi forsennati da cinema. Tempi e luoghi si avvicendano, gli attori di volta in volta oltre il loro personaggio principale devono poi recitare i personaggi della vita che ciascuno di loro fa rivivere nel proprio ricordo. Il tutto con una messa in scena che non ha un momento di sospensione.

Tutto è fluido, scorrevole, dinamico, logico eppure “incastratissimo”. C’è del genio in questa scrittura così essenziale ma proprio per questo così chirurgica.

Il testo è sorprendente perché́ Michalik semina tanti indizi, che sembrano scollati, e poi, nei momenti giusti, li unisce, e ti fa avanzare un pezzettino nella trama e capisci che una trama c’è, che quella gente non sta lì a caso, che un disegno perché́ le loro vite si siano intrecciate, c’è un motivo, ma quale?

Ci si commuove, si rimane imbambolati, si capisce perché́ il teatro deve far parte della vita di ciascuno, pure di chi non lo fa. Ed ecco che il pubblico alla fine esce e in strada ne parla, commentano, e ne parleranno ai loro amici, che poi tocca prenotare con un mese di anticipo su internet o non entri!

Dal 2 maggio I DUE CIALTRONI scritto e diretto da Pier Francesco Pingitore che dirige Maurizio Martufello e Marco Simeoli, nel ruolo di due attori che si incontrano e confrontano sulle rispettive attività artistiche.

Tutti e due gli attori sono nella baita ufficialmente per riposarsi, ma in realtà ciascuno di loro attende spasmodicamente una telefonata da roma, che dovrà decidere il proprio futuro. Perciò ogni trillo di telefonino li fa scattare come molle. Per fortuna c’è sempre la padrona... Che però a un certo punto deve assentarsi per andare ad accogliere in paese nuovi ospiti in arrivo.

I due restano soli. Le battute e gli screzi si moltiplicano... Improvvisamente si sente un boato fortissimo e va via la corrente. Panico dei due. Finchè non torna la luce e giunge una telefonata dalla padrona. La strada che porta alla baita è stata ostruita da una valanga di neve, caduta nel momento in cui si è sentito il boato. Né si sa quando potrà essere riaperta. L’ultima volta ci vollero tre settimane...

I due sono dunque in balia delle proprie nevrosi e dei propri scatti d’ira.

Riaffiorano episodi di tanti anni prima, quando entrambi ventenni l’uno militava a sinistra e l’altro a destra. Accuse e difese sulla vita passata di ciascuno, confessioni e sotterfugi, che si protrarranno fino alla “liberazione”.

Che avverrà con l’intervento delle donne della vicenda: la padrona; la fidanzata di giorgio, alessandra; la vivandiera Deborah.

Chiudono la stagione Simone Colombari e Max Paiella in JANNACCI E DINTORNI – Una storia raccontata e cantata. Uno spettacolo musicale sulla vita di Jannacci, un pò narrata, un po' suonata, un pò cantata.

Un concentrato di Jannacci in un’epoca non lontana e di chi c’era nei dintorni Giorgio Gaber, Adriano Celentano, Dario Fo. Ma anche i pazzi artistoidi che hanno prodotto capolavori come “el purtava i scarp del tenis” oppure “vengo anch’io no tu no”.

L’amore per il rock, per l jazz ma sopratutto per le persone e le loro storie raccontate nelle canzoni di Jannacci, qualcosa di indefinibile, leggere come aria e allo stesso tempo spesse e profonde, definitive.

Jannacci noi lo possiamo vedere in tanti modi diversi, nei dialoghi al bar nel rigore sbagliato, nella foto di un figlio senza motorino, in Cochi e Renato, in Paolo Conte, in Walter Chiari, in Dario Fo, nel Jazz in un locale fumoso, nel cielo grigio ma anche n un prato verde in una foto in bianco e nero di una donna davanti ad una fabbrica in inverno che si chiamava vincenzina.

Una docustoria minima di Jannacci vista da un toscano e un romano, un pò narrata, un po' suonata, un po’ cantata da Simone Colombari e Max Paiella.

Come ogni stagione, nel cartellone avremo le INCURSIONI: eventi di uno o due giorni tra stand up, musica, reading e altro, tra quali Osho, Serra Ylmaz, Greg, Lorenzo Baglioni

Si conferma ampio spazio al Progetto Scuole, ideato e diretto da Livia Clementi, con spettacoli di teatro per la scuola materna, primaria e secondaria di primo e secondo grado. Mi auguro che l’attuale Giunta Capitolina possa risolvere quanto prima il problema dell’accesso in centro dei bus per il trasporto scolastico.

Un encomio va Lorenzo Gioielli, direttore artistico della STAP BRANCACCIO, per l’ottimo lavoro svolto nella formazione accademica, coadiuvato Rossella Marchi e dal suo staff di docenti, presso lo Spazio Diamante, lo Spazio Impero e il Teatro Brancaccio.

Chiudo ringraziando tutti i nostri dipendenti collaboratori a qualsiasi titolo che compongono la squadra che ha contribuito a dare continuità alla vita di questo nuovo Centro di Produzione Teatrale.

Buon teatro a tutti.
Alessandro Longobardi

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