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giovedì 26 gennaio 2023

 MONI OVADIA SU RAI 5 
CON UN CICLO DEDICATO AL SUO PERCORSO ARTISTICO
CINQUE GLI SPETTACOLI PROPOSTI IN TV

Ogni sabato in tv dal 28 gennaio al 25 febbraio, il canale culturale Rai propone cinque spettacoli del regista e attore, anche direttore generale del Teatro Comunale di Ferrara. Verrà raccontata la tradizione composita e sfaccettata, il "vagabondaggio culturale e reale" proprio del popolo ebraico, di cui Ovadia si sente figlio e rappresentante.

Dal 28 gennaio al 25 febbraio 2023, Rai 5 trasmette cinque appuntamenti con il teatro di Moni Ovadia, direttore generale del Teatro Comunale di Ferrara. All’ideatore, regista, attore e capocomico di un "teatro musicale" assolutamente peculiare, che deriva dalla sua formazione di cantante di musica popolare e alla successiva dedizione al teatro, il canale culturale Rai dedica un ciclo di spettacoli che andrà in onda ogni sabato.

Filo conduttore degli spettacoli - ma anche della vastissima produzione discografica e libraria di Ovadia - è la tradizione composita e sfaccettata, il "vagabondaggio culturale e reale" proprio del popolo ebraico, di cui Ovadia si sente figlio e rappresentante. In un’immersione continua di lingue e suoni diversi, ereditati da una cultura che le dittature e le ideologie totalitarie del Novecento avrebbero voluto cancellare, si fa memoria per il futuro.

Il 28 gennaio (ore 21.20) il primo appuntamento è con Binario 21, dal poema di Yitzhak Katzenelson "Il canto del popolo ebraico massacrato", con la regia di Felice Cappa, l’interpretazione di Moni Ovadia e la testimonianza di Liliana Segre. Lo spettacolo restituisce la memoria dello sterminio del popolo ebraico e di tutti coloro che hanno subito la deportazione, segnando uno dei momenti più tragici della nostra storia.

Il 4 febbraio (ore 22.20) segue lo spettacolo Oylem Goylem, il più celebre di Moni Ovadia che calca le scene dal 1995. La lingua, la musica e la cultura Yiddish, quell'inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, la condizione universale dell'Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono al centro di Oylem Goylem. Si potrebbe dire che lo spettacolo abbia la forma classica del cabaret comunemente inteso. Alterna, infatti, brani musicali e canti a witz, aneddoti, citazioni che la comprovata abilità dell'intrattenitore sa rendere vivaci. Ma la curiosità dello spettacolo sta nel fatto di essere interamente dedicato a quella parte di cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica. Autore e interprete di Oylem Goylem è lo stesso Ovadia. Accanto a lui i musicisti danno vita ad una rappresentazione basata sul ritmo, sull'autoironia, sull'alternanza continua di toni e di registri linguistici, dal canto alla musica; una grande carrellata di umorismo e chiacchiere, battute fulminanti e citazioni dotte, scherzi e una musica che fa incontrare il canto liturgico con le sonorità aschenazita.

L’11 febbraio (ore 21.20) sarà la volta dello spettacolo La bella Utopia di cui Ovadia è autore, regista e interprete insieme a Lee Colbert, Maxim Shamkov e la Moni Ovadia Stage Orchestra. Lo spettacolo, attraverso immagini, canzoni, musiche, memorie, tracce poetiche, si propone nei suoi limiti di rappresentazione scenica, di restituire profondità e dignità agli esseri umani, comunisti e non che ebbero la sorte di nascere ed esistere nelle Russie sovietiche. La chiave d’interpretazione è quella urticante dell’umorismo ebraico, ma la lettura “ebraica” ne porta anche un senso tragico.

Il 18 febbraio (ore 21.20) verrà trasmesso Kavanàh, un progetto che rilegge la tradizione della cantoralità per sinagoga senza nessuna relazione con il klezmer. Kavanàh, che significa “partecipazione al canto”, raccoglie brani di differente ispirazione, partendo dagli inni sacri ebraici della sinagoga per arrivare a quelli di tradizione tzigana. Voci lontane accomunate nell’esaltazione dell’amore per il divino, linguaggi differenti che si intrecciano nella medesima partecipazione.

L’ultimo appuntamento del 25 febbraio (ore 21.20), sarà con Es iz Amerike, gioco scenico semiserio che ricostruisce l’emigrazione degli ebrei dell’est in America, terra di promesse e notizie miracolose e il loro progressivo inserimento in una società in continuo divenire. Al percorso sociologico, condotto da Ovadia con consueta maestria attraverso aneddoti e citazioni colte fra cronaca popolare e sapienza yiddish, si aggiunge un’analisi dell’influenza della canzone ebraica nella tradizione musicale americana del Novecento.

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