TEATRO BRANCACCINO DI ROMA
"APPUNTI PER ORESTEA NELLO SFASCIO"
NELL'AMBITO DI SPAZIO DEL RACCONTO
dal giovedì al sabato ore 20.00;
domenica ore 18.45
Sinossi
Oreste torna a casa dopo un lungo
confinamento imposto dalla madre a causa della sua omosessualità
marchiata a pelle. Dopo anni di esilio forzato, Oreste è costretto a
rivedere la sua famiglia per via di un terribile e inaspettato
evento: la morte di suo padre, scomparso prematuramente in
circostanze poco chiare. Oreste ritrova sua madre devastata dal peso
dei debiti e dell’usura, e per di più precipitata in un totale
sfascio di valori. Grazie al confronto con sua sorella, la sua
percezione del senso della vita subirà un mutamento, che lo porterà
alla riscoperta di una nuova identità. Un evento inaspettato
scoperchierà la coltre del silenzio, che l’ha tenuto buono per
troppo tempo, rivelandosi in un orrendo e tragico atto finale.
“Orestea nello sfascio” racconta le derive della nostra società,
corrotta e rassegnata; ed è ambientata nel cuore dell’Altra Terra
dei Fuochi, dove Elettra e Oreste sono al centro di un intrigo di
scandali sessuali, omicidi mafiosi e rifiuti tossici.
“Orestea nello sfascio” nasce da un
percorso di ricerca che si è sviluppato attraverso tappe di
laboratorio-residenza, presso il Dipartimento di Arti visive,
Performative e Mediali dell'Università di Bologna (DAMS), il CSS
Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, L’Università
LA SAPIENZA di Roma e l’Università dell’Aquila, con il fine di
approfondire, di volta involta, nuovi risvolti del rapporto tra il
Mito e i suoi riverberi nel contemporaneo.
NOTE DI REGIA
Il tema
"Orestea nello sfascio” è un
affondo nella materia drammatica dell'unica trilogia tragica a noi
pervenuta, l'Orestea di Eschilo. Addentrandomi tra le fila di
un'opera capitale per la letteratura drammatica mondiale, non ho
voluto riproporre necessariamente un'ulteriore e aproblematica
interpretazione della fabula (l'orrendo ciclo di delitti che
culminano con la pazzia di Oreste), ma penetrare nella decadenza
dell'inconscio collettivo, in cui si inserisce lo sfascio e la crisi
di valori della nostra società. È da qui che muove il progetto,
proponendosi di sondare, attraverso la prassi teatrale, la relazione
di un'intera collettività con la crisi sociale, politica ed
economica. L’intento finale è dunque di interrogare il nostro
reale, per provare a capire cosa si cela dietro la precarietà delle
emozioni che asfissiano il nostro quotidiano, per smuovere
l'indifferenza e pilotarla verso il cambiamento.
La macchina teatrale
Ho desiderato fortemente proseguire,
con questo progetto, il percorso di ricerca iniziato con “MEDEA BIG
OIL”, spettacolo vincitore della XIV ed. del Premio Scenario per
Ustica, riconfermando la mia vocazione per l’indagine di matrice
antropologica, con l’intento di analizzare, da un nuovo punto di
vista, il comportamento socio-culturale di una famiglia che cade in
rovina schiacciata dal peso dei debiti. Anche qui, la madre è una
figura chiave come in MEDEA BIG OIL, ma non appare come una donna
rassegnata che si abbandona agli eventi; è una finta bigotta che
nasconde un terribile crimine dietro la maschera del "va tutto
bene grazie": qui la madre rappresenta il riverbero malsano di
una società corrotta sin dal basso.
Se in MEDEA BIG OIL lo scenario era la
Basilicata, martoriata dalle multinazionali del petrolio, qui si
puntano i riflettori nel cuore della Puglia, L'Altra Terra dei
Fuochi, dove Elettra e Oreste sono due fratelli al centro di un
intrigo di scandali sessuali, omicidi mafiosi e rifiuti tossici.
Durante le tappe di laboratorio ho
lavorato principalmente sulla coralità; ed è proprio dall'analisi
della funzione narrativa del coro e del buffone contemporaneo che
sono arrivata all’esigenza di una sintesi fisico-espressiva, di
matrice più intimistica e privata che collettiva e corale. Il corpo
del coro scompare, ma continua a vivere nella paura del giudizio che
affligge i due protagonisti: due fuochi che si muovono intorno ad una
macchina: una struttura astratta, il cui valore semantico si fa
strada col gesto e il movimento degli attori che lo fanno esistere
come "atto" simbolico. Un omaggio al fatidico monolito di
Kubrick in 2001 Odissea nello spazio e alla scala di Caronte, quella
macchina teatrale che consentiva agli attori greci di rappresentare
la discesa sottoterra, cioè il luogo che, nella finzione teatrale,
coincideva con l’oltretomba.
Il peccato originale
Ispirandomi ai principi della Fisica
quantistica, secondo cui si deduce che esistiamo se esiste un
soggetto osservatore che ci fa diventare "atto", ho scelto
di soffermarmi su un concetto che prolifera da tempo nella mia mente
come un disturbo micotico: il dubbio amletico dell'essere o non
essere. Ho trasferito il disturbo al protagonista e ho cercando di
sviscerare cosa c’è alla base del rapporto dialettico che innesca
il meccanismo del dubbio esistenziale. Mi sono resa conto che cercare
questa risposta può portare alla pazzia. Siamo nell'epoca del tutto
è il contrario di tutto, il problema è che dubitare di tutto non ti
fa credere più a niente. E' questo il punto di partenza del percorso
psicologico dei protagonisti. Due anime smarrite nel caos
dell'informazione, due ragazzi di oggi che non credono in nulla, due
vite che non investono più fiducia nella giustizia divina, né tanto
meno in quella dei tribunali. Due giovani a cui hanno ammazzato il
futuro, non solo un padre. Due fuochi riuniti in un tragico "atto"
finale: Oreste è il braccio, Elettra la mente; l"atto" è
la vendetta di una generazione alienata dal marketing, soffocata dal
debito, vittima di un peccato originale ereditato dai padri.
Oreste e Amleto
Rivisitando il mito, ho inoltre messo a
confronto altre due anime: Oreste e Amleto, due facce della stessa
medaglia. Al contrario di quanto accade ad Amleto, il dubbio
esistenziale di Oreste, qui consegue, anziché precedere la vendetta:
il piatto che Shakespeare servirebbe freddo.
Se il mondo macroscopico che viviamo e
sperimentiamo con l'esperienza soggettiva sembra dominato da leggi
inderogabili che lo rendono solidamente reale, il mondo microscopico
sembra avvolto nella nebbia fitta dell’indeterminazione. Allora il
dubbio permane, non si risolve: Essere o non essere? L’interrogativo
esistenziale del vivere (essere) o morire (non essere), che è alla
radice dell'indecisione che impedisce ad Amleto di agire, si
rivelerà, in Oreste, come atto finale di una vendetta istintiva: un
raptus.
Il crollo dei punti fermi
Lo spettacolo è un pretesto per
denunciare il crollo totale dei punti fermi, dei riferimenti, la
condizione di smarrimento dell'essere umano che sorregge la piramide
sociale; è quindi un’occasione per condividere con il pubblico non
solo il dubbio dell'esistenza, in cui il potere politico è il
soggetto osservatore che determina l'atto del nostro esistere, ma
anche alcune riflessioni sul concetto di giustizia: se per i greci
era necessario istruire la polis ad una nuova idea di giustizia,
istituendo il primo tribunale umano, oggi rimane il dubbio sulla
riuscita degli intenti dei nostri antenati. La giustizia potrebbe
dunque divenire in questa logica un mero punto di vista, in cui
l’atto vendicativo, in alcuni contesti potrebbe per assurdo
diventare “un altro modo per dire GIUSTIZIA”. Un esempio potrebbe
essere il desiderio delle nuove generazioni di rivendicare il loro
futuro, schiacciato e ucciso dagli interessi dei potenti del mondo.
L'intento non vuole essere in nessun modo una forma di istigazione a
delinquere o esortazione alla violenza. Ho cercato di portare in
scena questo percorso che gradualmente condurrà lo spettatore ad una
condizione di catarsi. L'umanità è in pericolo e ciò che possiamo
ancora fare è stimolare con l'arte lo spirito critico per
riappropriandoci della realtà.
L'utopia
Per cambiare l'oggi ci volgiamo
indietro, ai passi che abbiamo compiuto, al mito. Un mito che
continua instancabilmente a dirigerci, seppur calato in un contesto
sociale nuovo. A rimanere totalmente invariato è il peso latente di
un peccato originale che si tramanda di famiglia in famiglia, di
generazione in generazione, di popolo in popolo. Attraverso gli occhi
di Oreste, parteciperemo al sogno di creazione di una nuova coscienza
collettiva. Anche se l'utopia è spesso lo smascheramento più
violento della cancrena del nostro mondo.
Ringraziamenti
Grazie alla produzione Officine del
Teatro Italiano e Florian Metateatro, grazie ai colleghi e compagni
di vita del Collettivo Internoenki e grazie a tutta la squadra di
professionisti coinvolti nel progetto. Un grazie speciale ad
Alessandro Longobardi che ha creduto e sostenuto con grande forza la
produzione. Grazie a Germana Giorgerini che ha seguito passo dopo
passo e con scrupolosa attenzione tutte le esigenze artistiche e
tutte le fasi della produzione. Grazie a Giulia Basel e Massimo
Vellaccio, per la fiducia aritistica e per il contributo alla
produzione. Grazie a Eleonora Cadeddu e Pierfrancesco Rampino, due
preziose figure del Collettivo Internoenki che mi hanno aiutato ad
organizzare e a gestire il lavoro di messa in scena. Grazie a
Patrizia Ciabatta e Venanzio Amoroso, due attori straordinari, che
oltre al talento hanno mostrato un profondo impegno civile,
condividendo coraggiosamente la politica del Collettivo Internoenki e
le tematiche del progetto. Grazie a tutti coloro che in questi mesi
hanno partecipato al processo creativo, fra cui Valentina Vitagliano,
attrice che collabora da sempre con Internoenki, Davide Pandolfo.
Grazie a Mariastella Cassella per il suo prezioso intervento nelle
tappe di laboratorio. Un grazie speciale ad Alessia Iacopetta,
Michele Degirolamo, Enoch Marrella, Gianluca Preite, Mauro Cardinali,
Davide Lorusso, Giuseppe Messina e Francesco Zaccaro, per il loro
vigore attoriale e per lo straodinario apporto artistico al progetto.
Grazie a Savio Cannito, Miguel Candido Repolles, Cristian Marangi per
il prezioso confronto sulla linea narrativa e sulla rivisitazione del
Mito. Grazie a David Barittoni per il confronto sulle scelte
estetiche della messa in scena e per lo studio della luce. Grazie ad
Ambràmà per la realizzazione della macchina scenica. Grazie a
Rossella Oppedisano e Francesca Romana D'Urso che hanno realizzato i
costumi nelle fasi di studio. Grazie a Marzia Spanu per il sostegno
alla comunicazione e a tutta la squadra che ha contribuito a rendere
possibile questo piccolo atto rivoluzionario. Come direbbe Maurizio
Grande, uno dei padri della semiotica teatrale: Il teatro è un fare,
un fare insieme, un fare collettivo. La scena è una pagina
tridimensionale di scrittura. Il mio augurio è che si possa scrivere
un’altra pagina di teatro, insieme.
INTERNOENKI TEATRO INCIVILE
Internoenki è un’Associazione di
Promozione Sociale per la Ricerca, che opera dal 2010 nell’ambito
della formazione e della produzione teatrale. L’Associazione
composta principalmente di giovani, si caratterizza per un’attività
teatrale e performativa frutto di un lavoro di contaminazioni di
diversa estrazione espressiva e sistemi disciplinari. Il background
professionale dei componenti si articola su diversi ambiti di
spettacolo, nell’intenzione di intraprendere esperienze
multidisciplinari derivate dalla dialettica e dal confronto.
L'Associazione Internoenki coopera con tutti coloro che, nei più
svariati campi della vita culturale e sociale, operano in difesa
della dignità
umana e per la tutela dei diritti
umani.
Chi siamo
Siamo un teatro di resistenza, un
teatro scortese, rinnovato, incivile. Un teatro che nasce tra la
gente e rifiuta la retorica dei buoni costumi, un teatro attento a
ciò che la cronaca trascura e censura, uno strumento d’arte e
controinformazione. Ci siamo uniti perché spinti da una comune
esigenza di rinnovamento, perché desiderosi di proporre un teatro
ignorante, scortese, rinnovato e ‘in-civile’. La nostra
drammaturgia non insegue regole conclamate, è anti-grammaticale, un
quadro in movimento; una drammaturgia attenta alla cronaca e a ciò
che in essa si trascura e censura. Siamo un gruppo di voci e menti
accordate al motto del “fare i fatti”. Rifiutiamo l’effetto
fine a se stesso ma proponiamo, oltre al “fatto”, la metafora del
“fatto”, la cruda poesia dell’amaro che fa scoprire i denti,
nel bene o nel male.
TERRY PATERNOSTER
Biografia
Terry Paternoster, autrice, regista e
attrice teatrale, nasce nel 1979 a Milano. Dopo il Diploma d'Arte
Drammatica, si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo - Teatro e
Arti Performative, alla Sapienza di Roma. Qui inizia la sua carriera
professionale, occupandosi principalmente di teatro. Lavora con
registi italiani e stranieri. Come attrice-autrice-regista, riceve
numerosi riconoscimenti: Premio Scenario per Ustica - Napoli Teatro
Festival E45 Fringe Festival - Premio RadioRAI Microfono di cristallo
- Premio Pivi - Rome Web Awards - Premio Imola per il Teatro, Chiave
d'Argento - Premio “In Breve” Teatro Puccini di Firenze, ecc. E'
ideatrice, co-sceneggiatrice e regista della serie "Welcome to
Italy”, la prima serie web sui nuovi italiani, tradotta in 8
lingue, pluripremiata in italia e all’estero. È fondatrice e
direttore artistico dell'Associazione di promozione sociale per la
Ricerca INTERNOENKI (collettivo teatrale indipendente dal 2010).
Testo e regia di Terry Paternoster
con Venanzio Amoroso e Patrizia
Ciabatta
assistenti: Eleonora Cadeddu,
Pierfrancesco Rampino
luce: David Barittoni
scenotecnica: Ambramà
produzione: Officine del teatro
italiano
in coproduzione con Florian Metateatro
Centro di produzione Teatrale
con la partecipazione e il sostegno di
Internoenki Teatro Incivile
Portfolio
Spettacoli a cura del Collettivo
Internoenki per la regia di Terry Paternoster:
“The Spiral of Dust” music video
“Spigola al sale” music video con
Greg (Claudio Gregori)
"Appnti per un'Orestea nello
sfascio"
"Amoressia" di Federico
Cervigni
“Medea Big Oil" (Vincitore XIV
edizione Premio Scenario per Ustica)
“La iatta mammona” (Vincitore
Napoli Fringe Festival 2012)
“Nel nome del padre” (Finalista
Premio Calcante per la Drammaturgia 2011)
“Repression” - happening di teatro
incivile
“Degeneration” - “La zita
vestuta”
“Voci a Rischio” - format di teatro
incivile
“La buscia” - “Quando piangono le
capre”
“Noi brava gente” - “Volevo
essere come loro”
“Samantha” - “Paola” - “Voci
a Rischio” - jam session di teatro incivile
“Bash” di Neil LaBute - “Maria
Farrar” di Brecht - “New Black” da Euripide
BRANCACCINO
Via Mecenate 2, Roma - www.teatrobrancaccio.it
Via Mecenate 2, Roma - www.teatrobrancaccio.it
Biglietto: 14,00 € + 1,50 € d. p.
card open 5 ingressi: 55 €
Prevendita su Ticketone.it e presso i
punti vendita tradizionali
BOTTEGHINO DEL TEATRO BRANCACCIO
Via Merulana, 244 | tel 06 80687231
| botteghino@teatrobrancaccio.it
www.internoenki.com
info@internoenki.com
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