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giovedì 28 marzo 2024

"LA CASA DEI ROSMER"
CON ELENA BUCCI E MARCO SGROSSO
TEATRO SOCIALE DI BRESCIA

Dal 2 al 7 aprile 2024
Quanto il passato ci guida, quanto ci incatena? Come trovare la forza di essere consapevoli di sé? Esiste felicità senza innocenza? Elena Bucci e Marco Sgrosso rileggono uno dei drammi più significativi di Ibsen,
La casa dei Rosmer, componendo un viaggio attraverso le stanze segrete di una casa che diventa simbolo di relazioni, dubbi, inquieti sguardi sul futuro.

In scena per la cinquantesima Stagione del Centro Teatrale Bresciano, intitolata Il mondo nuovo, La casa dei Rosmer. Rosmersholm sarà al Teatro Sociale di Brescia (via Felice Cavallotti, 20) dal 2 al 7 aprile 2024, tutti i giorni alle ore 20.30, la domenica alle ore 15.30.

La casa dei Rosmer. Rosmersholm, da Henrik Ibsen, vede il progetto e l’elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso, la regia di Elena Bucci, con la collaborazione di Marco Sgrosso, e l’interpretazione di Elena Bucci nel ruolo di Rebecca West, Marco Sgrosso in quello di Johannes Rosmer e di Emanuele Carucci Viterbi nei panni del Rettore Kroll, Francesco Pennacchia è Ulrik Brendel e Madama Helseth, mentre Valerio Pietrovita interpreta Peder Mortensgaard. Il disegno luci è di Daria Grispino, la drammaturgia e cura del suono di Raffaele Bassetti, la collaborazione al progetto e aiuto regia è di Nicoletta Fabbri, le scene sono di Nomadea, i costumi di Marta Solari, la realizzazione dei costumi e la collaborazione sono di Marta Benini con l’aiuto di Manuela Monti. Lo spettacolo è una produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, in collaborazione con Compagnia Le Belle Bandiere sostenuta da Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi.

La casa dei Rosmer. Rosmersholm è realizzato grazie al sostegno di Ministero della Cultura, Gruppo A2A, Fondazione ASM, Gruppo BCC Agrobresciano e ABP Nocivelli.

Il turbolento interno ibseniano, l’austera Casa Rosmer, è la dimora di una famiglia che vanta una centenaria genealogia di uomini di valore – di chiesa, politici, governanti – vissuti secondo i valori della tradizione. Il discendente Johannes Rosmer, ex pastore vedovo, vuole affrancarsi da questo passato abbracciando nuovi ideali che lo mettono in contrasto con l’antico mondo di appartenenza. Ritenuta responsabile di questa inversione di tendenza è Rebecca West, la governante rimasta nella casa anche dopo il misterioso suicidio della moglie di Rosmer.

Elena Bucci e Marco Sgrosso si rivolgono a questo testo del 1886 per trarre le radici delle contraddizioni che viviamo nel nostro presente. Quello ritratto da Ibsen è infatti uno scenario che si ripete nella storia: una politica intessuta di intrighi, prepotenze e menzogne perpetrate sia in nome della conservazione che del cambiamento, rapporti di convenienza travestiti da felicità che si nutrono di ambizione e crimini.

“In questa casa simbolo di continuità – afferma Elena Bucci – i protagonisti cercano di strapparsi al passato, con il suo peso di obblighi, colpe, errori, per proiettarsi in un futuro dove possano sentirsi utili, servire la verità, la libertà. Ma sono loro stessi i primi a tenere in vita i fantasmi che sbarrano la strada. Questa favola cupa, dove relazioni, personaggi e dialoghi solo in apparenza naturalistici scivolano nel simbolico, lascia un imprevedibile spazio all’umorismo, quando si intravedono le paure e le mediocrità di ognuno dei personaggi, che tanto somigliano a quelle di noi tutti. Casa Rosmer è un palcoscenico, è il mondo. Affacciati alla grande finestra del sipario attori, personaggi, pubblico, spiano l’uno nell’altro il futuro”.

“Ciò che rende Ibsen così vicino alla nostra sensibilità – prosegue Marco Sgrosso – non è soltanto la profonda introspezione dei suoi personaggi, ma anche quel simbolismo astratto dei contrasti ricorrenti: luce e buio, perdono e colpa, gioia e dolore, vita e morte. In Casa Rosmer, con una forza ereditata dalla tragedia greca, i morti tornano a condizionare l’esistenza dei vivi, rendendola un continuo esame di coscienza. Gli spettri reclamano nuova vita e si attanagliano ai vivi. E la morte, unico spiraglio verso la pacificazione dello spirito, ha l’aspetto elegante di due cavalli bianchi”.

Per offrire al pubblico un’occasione di approfondimento dello spettacolo, il Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia organizza un incontro nell’ambito della rassegna I pomeriggi al CTB, giunta alla sua ottava edizione e curata da Lucia Mor, ordinario di Letteratura tedesca all’Università Cattolica.

L’incontro si svolgerà giovedì 4 aprile alle ore 17 presso il Teatro Sociale di Brescia: Elena Bucci e Marco Sgrosso dialogheranno con Gerardo Guccini, docente di Drammaturgia all’Università degli Studi di Bologna, sul tema “Dove cercare l’innocenza? Desiderio e fantasmi del rimosso in Ibsen”.

La partecipazione all’incontro è gratuita fino a esaurimento dei posti disponibili.

La casa dei Rosmer

Rosmersholm

da Henrik Ibsen
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia Elena Bucci, con la collaborazione di Marco Sgrosso

con

Elena Bucci Rebecca West
Marco Sgrosso Johannes Rosmer

e con

Emanuele Carucci Viterbi Il rettore Kroll
Francesco Pennacchia Ulrik Brendel, Madama Helseth
Valerio Pietrovita Peder Mortensgaard

disegno luci Daria Grispino
drammaturgia e cura del suono Raffaele Bassetti
collaborazione al progetto e aiuto regia Nicoletta Fabbri
scene Nomadea
costumi Marta Solari
realizzazione costumi e collaborazione Marta Benini con l’aiuto
di Manuela Monti
produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Metastasio di Prato,
Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Compagnia Le Belle Bandiere
sostenuta da Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi
si ringrazia il Teatro Comunale di Russi 
La casa dei Rosmer
Rosmersholm

Da un presente nel quale vacillano molte conquiste civili, politiche, sociali che sembravano acquisite, dove si scontrano rinati totalitarismi e democrazie ferite, dove l’economia pare governare ogni atto umano soffocando diritti ed ideali, dove il pianeta manda inequivocabili segnali di sofferenza, ci rivolgiamo a questo testo del 1886. Come mai?

Torniamo ad un secolo nel quale troviamo le radici di molte contraddizioni che stiamo vivendo e il cui grande movimento di idee continua a nutrire il nostro immaginario.

Come fosse crollato il palazzo che ci ospitava, come dopo un terremoto, confusi e sperduti, andiamo in cerca di quello che siamo studiando quelli che eravamo.

Siamo in casa dei Rosmer, dimora di una famiglia che vanta una centenaria genealogia di uomini di valore - pastori, uomini di chiesa, politici, governanti - vissuti secondo i valori della tradizione e nella certezza di essere nel giusto. Con il suo parco, le vetrate, i grandi ritratti degli antenati, i ninnoli, i fiori, la casa emana autorevolezza e prestigio, è il simbolo di una vita agiata, operosa, rigorosa, austera, di indubbia moralità. Induce riverenza e curiosità: quali felici e fortunate esistenze si nasconderanno in quelle stanze? Eppure in Casa Rosmer non si ride mai.

Qui si consumeranno molti simbolici conflitti, innescati da una potente voglia di rinnovamento, annunciati da un clima da romanzo giallo fin dalle prime pagine: due donne osservano dalla finestra un uomo che si avvicina; evocano spiriti, apparizioni, superstizioni, un misterioso suicidio, quanto di più lontano da questa solida dimora si potrebbe immaginare.

Il discendente, Johannes Rosmer, vuole scuotersi di dosso religione e politica degli antenati e spingersi verso nuovi ideali: ‘...cercare e riunire tutti gli uomini di buona volontà, senza tener conto se hanno già una propria tendenza politica. Il mio compito, una volta che li avrò riuniti, sarà di convincerli ad agire nella concordia. Voglio impegnarmi per dare al nostro Paese, un’autentica coscienza di sé, perché soltanto grazie a quella potremo avere un autentico regime popolare...’

Questo intento, che anche ora potrebbe scardinare molti equilibri, scatena il conflitto con il suo antico mondo di appartenenza, che incolpa di questa inversione di percorso una donna misteriosa, Rebecca West, arrivata qui come governante e qui rimasta, anche dopo il suicidio della moglie di Rosmer, Beate, colei che non poteva sopportare i fiori che ora inondano la casa.

Ancora una volta Ibsen individua nella donna l’elemento intuitivo, magnetico, ineludibile, ingovernabile che scuote l’esistente e che può portare alla salvezza o alla rovina.

In questo clima di tensione e sospensione si moltiplicano i dubbi.

Quanto il passato ci sostiene e ci guida, quanto ci incatena? Quanto la casa protegge e quanto rinchiude? Come conciliare la tutela delle tradizioni del passato e l’innovazione, come equilibrare privilegiati e diseredati, come distribuire le ricchezze del pianeta? Come trovare la forza di essere consapevoli di sé? Quanto essere fedeli a chi non si ama più per rigore morale e quanto assecondare la verità dei sentimenti? Si possono difendere grandi idee sentendosi colpevoli? Esiste felicità senza innocenza? Ritroviamo uno scenario che si ripete nella storia: una politica intessuta di intrighi, prepotenze e menzogne perpetrate sia in nome della conservazione che del cambiamento, rapporti di convenienza travestiti da felicità e relazioni sotterranee che si nutrono di ambizione, speranze, crimini. In questa casa simbolo di continuità, i protagonisti cercano invece di strapparsi al passato, con il suo peso di obblighi, rispetto degli antenati, colpe, errori, per proiettarsi in un futuro dove possano sentirsi utili, servire la verità, la libertà, un possibile anche se equivoco progresso. Ma sono loro stessi i primi a tenere in vita i fantasmi che sbarrano loro la strada e li reclamano dal loro regno di morte. La casa, le cose, gli avi, i legami familiari, che in molte culture diventano un’illusione di permanenza anche oltre la morte, assumono qui una doppia valenza irrisolta: sono libertà e prigione. L’azione si svolge nel segno di questa ambiguità: i personaggi non hanno più età, sono vecchissimi e all’improvviso infantili e attoniti e li vediamo agire, pur partendo dal testo di Ibsen, in modo spesso opposto e contraddittorio.

Vivono in una casa piena di finestre: ma cosa vedono?

Nel momento in cui credono di avvicinarsi si allontanano, quando sperano disperano, quando amano distruggono, quando credono di essere nel giusto si scoprono erranti, quando sperano di librarsi verso nuove idee stanno soltanto fantasticando. Il loro agire è quello delle ombre, pallide emanazioni di antenati forti che hanno costruito un regno al quale si sentono estranei e dal quale vogliono evadere. L’unico atto di forza a loro possibile è la fuga: un colpo di scena che fa esplodere la tensione e risuona a lungo, un gesto che ognuno può leggere a suo modo.

Questa favola cupa, dove relazioni, personaggi e dialoghi solo in apparenza naturalistici scivolano nel fantastico e nel simbolico, lascia un imprevedibile spazio all’umorismo, quando si intravedono con tenerezza le paure e le mediocrità di ognuno dei personaggi, che tanto somigliano a quelle di noi tutti. Casa Rosmer è un palcoscenico, è il mondo. Affacciati alla grande finestra del sipario attori, personaggi, pubblico, spiano l’uno nell’altro il futuro.
Elena Bucci

Quindici anni dopo la nostra incursione nella villa apparentemente gelida ma in realtà rovente di Hedda Gabler, ci affacciamo – curiosi e affascinati – in un altro turbolento interno ibseniano, l’austera Casa Rosmer, dove il peso del passato sembra schiacciare senza spiragli il presente, se non fosse per quella vena ostinata di pulsioni mai sopite che aprono la via ad un futuro di mutamenti inesorabili. L’incanto sottile e l’ampio respiro drammaturgico di Ibsen non stanno soltanto nella maestria con cui riesce a tessere relazioni umane sul filo del rasoio e trame sospese tra una stasi apparente e una latente suspense, giocata tra porte socchiuse e rivelazioni sconvolgenti, ma anche nella sua capacità di analizzare meccanismi sociali, civili e politici che travalicano il tempo e illuminano le distorsioni del presente. Così anche in Rosmersholm, parallelamente al dramma sentimentale in cui si dibattono le anime tormentate di Johannes e Rebecca - uniti, divisi e poi inesorabilmente allacciati nella lotta tra coscienza morale, innocenza perduta e luminosa rinascita - si snoda il dissidio etico tra lealtà e opportunismo delle diverse parti politiche. E se il sacrificio ‘sublime’ di Rosmer e Rebecca oggi può farci sorridere, pur nell’incanto della sua purezza simbolica, le subdole strategie di Kroll e di Mortensgaard nell’usare per i propri fini propagandistici un nome ‘che conta’, a distanza di un secolo e mezzo assomigliano molto a pratiche partitiche che ci riguardano ancora molto da vicino. Mentre, di contro, l’utopia di Ulrik Brendel verso una coerenza etica si sgretola miseramente nella sua inattuabilità.

Ciò che rende Ibsen così vicino alla nostra sensibilità non è soltanto la profonda introspezione dei suoi personaggi e la loro inesausta battaglia per affermare una più autentica identità, ma anche quel simbolismo astratto dei contrasti ricorrenti: luce e buio, carnalità e spiritualità, perdono e colpa, confessione e menzogna, gioia e dolore, passato e futuro, vita e morte…

In Casa Rosmer le ombre sono attraversate da bagliori improvvisi e gli austeri ritratti dei posteri sono costretti ad ascoltare confessioni inaudite, la calma piatta è inquinata da inquietudini feroci e gli interni silenziosi insidiati da sottili minacce esterne.

Con una forza ereditata dalla tragedia greca, i morti tornano a condizionare l’esistenza dei vivi, rendendola un continuo, snervante esame di coscienza. Gli spettri reclamano nuova vita e si attanagliano ai vivi “come se non volessero staccarsi del tutto da chi resta…”.

E la morte, unico spiraglio verso la pacificazione dello spirito, ha l’aspetto elegante di due cavalli bianchi.

Marco Sgrosso

Biglietti

Intero

platea 27 €
I galleria 20 €
II galleria 18 €
III galleria 15 € ridotto gruppi*

platea 25 €

I galleria 18 €
II galleria 16 €
III galleria 13 € ridotto speciale**

platea 20 €

I galleria 16 €
II galleria 14 €
III galleria 11 €

Riduzioni

* la riduzione gruppi è riservata esclusivamente a Soci Coop, Arci, Feltrinelli, Touring Club e titolari carta Ikea family. CRAL aziendali, biblioteche e altri enti e associazioni convenzionati con il Centro Teatrale Bresciano possono rivolgersi per informazioni e prenotazioni al numero 030.2928617 o alla e-mail: organizzazione@centroteatralebresciano.it

** la riduzione speciale è riservata a giovani fino a 25 anni e ultrasessantacinquenni

Modalità di acquisto

- Biglietteria del Teatro Sociale Via Felice Cavallotti, 20 – Brescia

t. 030 2808600; e-mail biglietteria@centroteatralebresciano.it

> da martedì a sabato dalle ore 16.00 alle 19.00

> domenica dalle ore 15.30 alle 18.00 solo nei giorni di spettacolo

> 30 minuti prima dell’inizio di ogni spettacolo saranno in vendita esclusivamente i biglietti per la serata stessa.

- Punto vendita CTB Piazza della Loggia, 6 – Brescia

t. 030 2928609; e-mail biglietteria@centroteatralebresciano.it

>da martedì a venerdì ore 10.00 - 13.00 (escluso i festivi)

- Biglietteria telefonica

> t. 376 0450269 – da martedì a venerdì dalle ore 10.00 alle 13.00 (escluso i festivi)

> t. 376 0450011 – da martedì a sabato dalle ore 16.00 alle 19.00; domenica dalle ore 15.30 alle 18.00

Si informa che agli acquisti effettuati telefonicamente e pagati con carta di credito verrà applicata la maggiorazione pari al 2,5% del costo dell’abbonamento o biglietto.

- On-line sul sito www.vivaticket.it e in tutti i punti vendita del circuito VIVATICKET

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