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lunedì 27 febbraio 2017

"BESTIE DI SCENA"
UMANITÀ' IN FUGA SENZA VIA D'USCITA
TEATRO STREHLER DI MILANO

Giovedì 2 marzo, al Chiostro, la regista dialoga con Natalia Aspesi
Un ciclo di incontri in programma per approfondire i temi dello spettacolo

Nel girone dell'inferno un gruppo di anime espia la colpa: camminano in cerchio, avvinghiati gli uni agli altri, nudi, lenti; prigionieri delle convenzioni, dei tic, delle nevrosi collettive, non riescono più a uscire di scena.

I successi straordinari di Le sorelle Macaluso nel 2014 e del dittico Sorelle Macaluso-Operetta burlesca nel 2015 sono il segno di una affinità piena e viva tra il Piccolo, il suo pubblico, e il mondo espressivo di Emma Dante.
Era dunque maturo il tempo per una nuova produzione pensata per lo spazio del Teatro Strehler.
Nel suo grande palcoscenico si iscrive la rappresentazione di una comunità in fuga, un corteo di creature primitive e fragili, una ronda silenziosa che muove i primi incerti passi, che non ha via d’uscita ma che immagina, si illude, lotta, vibra, indifesa, di vita. Li illumina lo sguardo della regista (e autrice), donna di teatro, che plasma fino al possesso il corpo vivo di chi è in palcoscenico.

Bestie di scena ha assunto il suo vero significato nel momento in cui ho rinunciato al tema che avrei voluto trattare. Volevo raccontare il lavoro dell'attore, la sua fatica, la sua necessità, il suo abbandono totale fino alla perdita della vergogna e alla fine mi sono ritrovata di fronte a una piccola comunità di esseri primitivi, spaesati, fragili, un gruppo di “imbecilli” che, come gesto estremo, consegnano agli spettatori i loro vestiti sudati, rinunciando a tutto. Da questa rinuncia è cominciato tutto, si è creata una strana atmosfera che non ci ha più lasciati e lo spettacolo si è generato da solo.

In Bestie di scena c’è una comunità in fuga. Come Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, le bestie finiscono su un palcoscenico pieno d’insidie e di tentazioni, il luogo del peccato, il mondo terreno. Lì c’è tutto ciò che serve: la casa, la stanza dei giochi, l’odio, l’amore, il sentiero, il rifugio dove trovar riparo, la paura, il mare, il naufragio, la trincea, la tomba dove piangere i morti, i resti di una catastrofe…

Le bestie di scena non fanno altro che immaginare. S’illudono di vivere, tenendo tra le mani oggetti in prestito, nutrendosi di poltiglie, farfugliando brandelli di storie. Come i bambini credono nei giochi e, alienati da tutto, se ne lasciano incantare fino agli eccessi della demenza. Ballano, cantano, urlano, litigano nei dialetti del sud, seducono, impazziscono, amano, ridono, combattono…

In Bestie di scena c’è un meccanismo segreto che svela il processo con cui nasce e si forma un individuo. Al centro c’è lui con i suoi movimenti scoordinati e selvaggi, lui che traccia percorsi più importanti della meta, che cerca strade non ancora battute. È lui il cuore pulsante dell’esercizio, il pilastro della giostra, colui al quale rivolgere tutta l’attenzione per una possibile interpretazione di ciò che siamo. Senza storie da raccontare, né costumi da indossare, le bestie di scena si muovono maldestramente come al principio di tutto, obbligandoci a dare peso, volume e ingombro al nostro sguardo. Siamo noi a scegliere sin dall’inizio se accoglierli o rifiutarli. Gli “imbecilli” che ci stanno di fronte non fanno altro che partecipare istintivamente a movimenti scanditi dal ritmo in cui i muscoli e i riflessi sono sollecitati e tesi a raggiungere uno stadio in cui è il corpo a pensare. Sul palco vuoto, dentro una scatola nera delimitata da un fondale e sei quinte, il corpo di queste anime avvinghiate in una ronda silenziosa diventa il custode di un segreto. L’uscita è vietata, dalla quinta arrivano segnali di fuoco e da questo recinto le bestie non potranno più uscire. Dopo aver affrontato svariate prove, dalla quinta arriverà l'ennesimo comandamento, l’ultimo, il più terribile. Solo allora gli “imbecilli” disubbidiranno. Sceglieranno di restare nudi in schiera davanti a noi. La loro scoperta sarà di essere sempre stati nudi e di non essere stati altro che quello. Non avrà più senso raccogliere, coprirsi, compiere altre azioni ma semplicemente stare, e guardare.
Emma Dante

Emma Dante era già stata al Piccolo con due suoi spettacoli, Le sorelle Macaluso e Operetta burlesca. Oggi è al Teatro Strehler con una prima assoluta, uno spettacolo, per “necessità” artistiche, poetiche, pensato per debuttare su questo grande palcoscenico, prima di proseguire il cammino a Palermo e al Festival di Avignone. È un lavoro concepito all’interno di uno spazio dilatato, ma delimitato e al tempo stesso infinito, privo di parole, ma scosso da suoni (anche le poche parole pronunciate sono in funzione di suono e non di senso), rumori assoluti – ab-soluti, essenziali – di attrezzeria, di elementi esterni che arrivano dalle quinte. Ma non è un’installazione: è un vero e proprio spettacolo, giocato lungo la linea dello spazio e del tempo, con un prima e un dopo, senza però appoggiarsi su alcuna storia raccontata, ma in uno scavo nel profondo del corpo vivo del teatro, e non solo. Il nudo in teatro è innaturale, suona falso come un cavallo vero in palcoscenico. È innegabile, crea, tranne in pochi casi, un rapporto imbarazzante con lo sguardo dello spettatore. Lo spinge a rivestire l’attore con la coperta dello scandalo, ben diverso dallo scandalo vero, intrinseco nel teatro e nell’attore, che è quello di mostrarsi sempre attraverso un inganno, del dire l’indicibile, oltre le parole, oltre la maschera del costume, in uno spazio, in un tempo finito, qui e ora.
Bestie di scena di Emma Dante sottrae la finzione, arriva “semplicemente” (ma con quanto lavoro!) ai corpi, scardina lo sguardo, va alla ricerca disperata ed esaltante dell’inizio, come nelle incisioni rupestri – per usare le sue parole – in un continuo gioco di sguardi verso e con il pubblico. Non a caso, parlando nelle brevi pause delle prove, l’argomento più caro a Emma Dante era un Pirandello senza pirandellismi, capace di spogliare i personaggi di ogni difesa, di ogni maschera.

Le “bestie di scena” non sono attori che agiscono in palcoscenico, ma corpi agiti da forze che arrivano dall’esterno, improvvise dalle quinte, reazioni di “corpi” che trasmettono insieme il senso della claustrofobia e dell’infinitezza dello spazio in cui si muovono. Corpi che via via si compattano in un corpo solo per poi frammentarsi, scontrarsi, sino al pudore di rinunciare a rimettersi, al termine di tutto, lo scudo dei propri vestiti. Si mostrano semplicemente allo sguardo trasformato, commosso e non scandalizzato del pubblico. Rinunciando ad ogni mascheramento.

Potrebbe apparire un gioco crudele, ma Emma Dante non osserva mai con distacco o con lo sguardo dell’entomologo distante, bensì con la pietas che il corpo, senza l’ipocrisia dello scudo del vestito, del costume, della convenzione, riesce a restituire allo sguardo, nel misterioso spazio fra palcoscenico e pubblico.
Sergio Escobar

Bestie di scena: il discorso dello sguardo
di Giorgio Vasta

Tu, lì, che cerchi e non trovi una posizione comoda, sei lo spettatore, e tu, spettatore, mi hai fatto del male, per nessun’altra ragione se non per il fatto di essere chi sei; percepirai pure, adesso, lo sguardo pesarti negli occhi (del resto sei qui per questo: per mettere in crisi il tuo sguardo), ma se anche ti senti turbato ricordati sempre che te ne stai nella tua poltroncina, nel tuo posto assegnato, insieme ai tuoi compagni, uno accanto all’altro, compatti, radunati a testuggine, protetti in platea dal semibuio. Io invece sono l’attore, e a me tocca stare qui, nella scena nera, all’inizio e alla fine di tutto, a vagabondare in uno spazio senza posto (io, l’attore, non ho mai il mio posto), qualcosa di cui non solo io ma nessuno sa niente, dove potrebbe accadere di tutto (e di tutto è accaduto e ancora continuerà ad accadere), e dunque, per queste ragioni, io non posso che esserti ostile, spettatore; non, come potresti pensare, perché tra la mia e la tua esperienza c’è uno scarto irriducibile, ma proprio perché tra me e te non c’è nessuna differenza, eppure io sono qui e tu sei lì. A te è concesso il privilegio – tra poco, quando le luci si riaccenderanno – di prendere congedo e andare via: io invece da questo rettangolo nero non posso andarmene perché io qui ci vivo. Ogni spettacolo non fa che ribadire l’impossibilità della mia fuga. Tutto ciò – quello che sono, dove sono, quello che faccio, come lo faccio – riguarda te. Accade in tua funzione. Io, l’attore, servo a questo: a concederti l’illusione che tu, solo spostandoti da un posto assegnato a un altro posto assegnato, possa davvero tornare a casa. Avere luogo. Io servo a farti immaginare che a separare me da te sia una soglia certa, e che l’andirivieni, la vulnerabilità, il fallimento, il tragicomico, l’ambiguità siano ciò che mi è toccato in sorte e non il modo in cui tu, io, tutti esistiamo. Io dunque ammetto qualcosa che tu neghi. Ma tu vieni qui – perché sei curioso e vuoi capire se ancora una volta riuscirai a farla franca (nonostante dentro di te ci sia anche il desiderio, almeno per una volta, di non farla franca) – e mi guardi, e ti fai guardare, perché ti piace immaginare che le cose stiano in un altro modo. Ti sta bene trascorrere un po’ di tempo nel gioco del teatro sapendo che a un certo punto potrai andartene. Stai tranquillo, è quanto succederà a breve; in quel momento – questo è il mio consiglio – non voltarti; perché osservandoti lasciare la sala, la schiena che oscilla piano nella conversazione con chi ti sta a fianco (commentami, spettatore, commentami), io, il corpo dell’attore che non smette mai di naufragare in scena, ti starò odiando (c’è però una cosa che vorrei proporti, ma lo faccio piano, sottovoce, tra parentesi: tra poco, dopo che le luci si saranno accese, invece di girarti per lasciare la sala dallo stesso varco attraverso cui sei entrato, vieni avanti, sali sul palco, percorri lo spazio, vieni a vedere che cosa c’è qui: esci entrando in scena; raggiungimi: non per consolarmi – non te lo chiedo e in ogni caso non è possibile – ma solo per capire se il tuo posto, qui, riesci ancora a trovarlo; questo è quanto ti propongo, e nel farlo so già che non accadrà: attenderai che le luci si accendano e te ne andrai via).

Il mio unico conforto è sapere che quando fuori di qui ti starai dirigendo verso casa ti verrà il dubbio (e al suo interno, mescolati, ci saranno panico ed euforia) che in realtà tra me e te non c’è nessuno scarto: siamo entrambi bestie di scena. Il tuo basto è il tuo stesso sguardo, mentre il mio ce l’ho sotto i piedi, sopra la testa e tutt’intorno – ed è il teatro.

Le bestie di scena sono ciò che siamo. C’erano prima del nostro arrivo, persisteranno tenaci sul palco quando ce ne saremo andati. Per questo, nel momento in cui usciamo dalla sala Bestie di scena è ancora lì. Non è ancora finito: non può finire mai.
(estratto dal programma di sala)

Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dal 28 febbraio al 19 marzo 2017
Bestie di scena
ideato e diretto da Emma Dante
con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci,
Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino,
Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi,
Daniele Savarino, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli
Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara
elementi scenici Emma Dante
luci Cristian Zucaro
direttore di palcoscenico Gabriele Gugliara, assistente di produzione Daniela Gusmano 
coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma
coproduzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa,
Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon

Foto di scena Rosellina Garbo e Masiar Pasquali

Orari: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16. Lunedì riposo.
Durata: 75 minuti senza intervallo

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro

Informazioni e prenotazioni 0242411889 - www.piccoloteatro.org
News, trailer, interviste ai protagonisti su www.piccoloteatro.tv
Il trailer dello spettacolo sulla webtv del Piccolo: http://bit.ly/BestiediScena_trailer

Sono presenti scene di nudo integrale: se ne consiglia la visione a un pubblico maggiore di 16 anni.

Lo spettacolo, che debutta al Piccolo Teatro di Milano in prima assoluta, sarà in tournée a Palermo e in altre città italiane e all’estero, toccando, tra le altre piazze internazionali ancora in via di definizione, il Festival di Avignone (edizione 2017), Parigi (Théatre du Rond-Point).

Attorno a Bestie di scena
Gli incontri al Chiostro (ore 17, via Rovello 2)

Martedì 21 febbraio
Il teatro di Emma Dante
incontro con Roberta Carpani, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Giovedì 2 marzo
Conversazione con Emma Dante
con Natalia Aspesi, giornalista e scrittrice

Mercoledì 8 marzo
Bestie di scena
incontro con la Compagnia dello spettacolo

Venerdì 17 marzo
Il corpo che parla. L’arte dell’attore e le performing arts a confronto
incontro/conversazione con Alessio Maria Romano (Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano e Francesca Alfano Miglietti (Accademia di Belle Arti di Brera)

Emma Dante - La biografia

Nata a Palermo nel 1967, Emma Dante esplora il tema della famiglia e dell’emarginazione attraverso una poetica di tensione e follia nella quale non manca una punta di umorismo. Drammaturga e regista si è diplomata a Roma nel 1990 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Nel 1999 costituisce a Palermo la compagnia Sud Costa Occidentale con la quale vince il premio Scenario 2001 per il progetto mPalermu e il premio Ubu 2002 come novità italiana. Nel 2001 vince il premio Lo Straniero, assegnato da Goffredo Fofi, come giovane regista emergente, nel 2003 il premio Ubu con lo spettacolo Carnezzeria come migliore novità italiana e nel 2004 il premio Gassman come migliore regista italiana e il premio della critica (Associazione Nazionale Critici del Teatro) per la drammaturgia e la regia.

Nel 2005, vince il premio Golden Graal come migliore regista per lo spettacolo Medea.
Ha pubblicato “Carnezzeria. Trilogia della famiglia siciliana” con una prefazione di Andrea Camilleri (Fazi 2007) e il suo primo romanzo “Via Castellana Bandiera” (Rizzoli 2008), vincitore del premio Vittorini e del Super Vittorini 2009. Nell’ottobre del 2009 le viene assegnato il premio Sinopoli per la cultura. Il 7 dicembre del 2009 inaugura la stagione del Teatro alla Scala con la regia di Carmen di Bizet diretta da Daniel Barenboim.
Sono stati in repertorio dal 2000 al 2010 in Italia e all’estero: mPalermu, Carnezzeria, Vita mia, Mishelle di Sant’Oliva, Medea, Il festino, Cani di bancata, Le pulle e tre favole per bambini e adulti pubblicati da Dalai editore: Le principesse di Emma.

Dal gennaio 2011 gira in Italia e all’estero lo spettacolo La trilogia degli occhiali, pubblicato da Rizzoli, costituito da tre capitoli: Acquasanta, il castello della Zisa e Ballarini. Nell’aprile 2012 debutta a Parigi, al Théâtre national de l'Opéra-Comique, La muta di Portici di Auber diretta da Patrick Davin che viene ripresa nel marzo 2013 al Teatro Petruzzelli di Bari con la direzione di Alain Guingal con grande successo di pubblico e di critica. Con La muta di Portici vince il premio Abbiati nel 2014.

Nell’ottobre 2012 debutta, al Teatro Olimpico di Vicenza, Verso Medea tratto da Euripide, con musiche e canti composti ed eseguiti dal vivo dai fratelli Mancuso.
Nel 2013 presenta in concorso alla 70esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film “Via Castellana Bandiera” tratto dall’omonimo romanzo, a conclusione della quale Elena Cotta vince la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. “Via Castellana Bandiera” vince i seguenti premi: Premio Soundtrack alla miglior colonna sonora, Premio Navicella, attribuito dalla Rivista del Cinematografo, Premio Lina Mangiacapre.

Il 18 gennaio 2014 inaugura la stagione del Teatro Massimo di Palermo con Feuersnot di Richard Strauss con la direzione di Gabriele Ferro.
Nel 2014 riceve l’incarico biennale di direttrice artistica del 67° ciclo di spettacoli classici al teatro Olimpico di Vicenza.

Nel 2014 debutta al Teatro Mercadante di Napoli Le sorelle Macaluso coprodotto dal Theatre National di Bruxelles e dal Festival d’Avignone all’interno del progetto “cities on stages”.
Nel 2014 Le sorelle Macaluso vince il premio “Le Maschere”, come miglior spettacolo dell’anno, e il Premio della critica 2014. Sempre con Le sorelle Macaluso vince il Premio Ubu per la regia e il Premio Ubu per il miglior spettacolo 2014. Nel 2014 debutta al teatro Kismet di Bari Operetta burlesca prodotto dalla Compagnia Sud Costa Occidentale.
Nello stesso anno Emma Dante diventa regista principale al Teatro Biondo, e direttrice della “Scuola delle arti e dello spettacolo” costituita all’interno del Teatro Stabile della città di Palermo.

Alla fine del primo corso della scuola da lei diretta nasce lo spettacolo Odissea A/R che va in tournée nei più importanti teatri d'Italia.
Nel 2014 vince il premio De Sica per il teatro e il Premio Ipazia all’eccellenza femminile.
Il 21 gennaio del 2015 inaugura la stagione del Teatro Massimo con Gisela! di Hans Werner Henze.


Il 22 gennaio 2016 al Teatro dell'Opera di Roma firma la regia di La Cenerentola di Rossini diretta da Alejo Perez. Il 21 gennaio 2017 inaugura la stagione del Teatro Massimo con Macbeth di Giuseppe Verdi diretto da Gabriele Ferro.

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