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lunedì 19 maggio 2025

IN & OUT
CINQUE SERATE INTITOLATE A TEMA
"IMPRONTE DI DONNE"
GROTTE DI BORGIO VEREZZI

Dal 23 maggio al 28 giugno
In attesa della 59a edizione del Festival Teatrale di Borgio Verezzi, la storica manifestazione ligure propone un ante-festival davvero "underground" nello scenario unico delle Grotte del Valdemino: dal cuore della terra al cuore delle donne.

Quest'anno il Comune di Borgio Verezzi propone una rassegna teatrale primaverile che precederà la 59a edizione del Festival estivo. Il nuovo progetto – fortemente voluto dal direttore artistico Maximilian Nisi - si intitola In & Out - "Impronte di Donne" e sarà un viaggio tra arte, mito e memoria, articolato in cinque eventi dedicati all’identità femminile.

Tra il 23 maggio e il 28 giugno, il pubblico sarà invitato a riscoprire figure iconiche e complesse, a volte dimenticate o spesso fraintese, che hanno saputo affermare la propria forza contro ogni marginalizzazione: Artemisia Gentileschi, Camille Claudel, Clitennestra, Lady D. e Penelope. Sono donne che, pur venendo da epoche e contesti diversi, parlano direttamente al presente. Ci raccontano la necessità di essere ascoltate, in una narrazione collettiva che celebra il potere creativo e trasformativo delle donne
Ad accogliere queste voci saranno le Grotte di Borgio Verezzi, un luogo dove la forza del teatro potrà fondersi con la bellezza primordiale della natura, amplificando ogni emozione in un’atmosfera unica e senza tempo.

"Non occorre essere camera, né casa per essere abitati dallo spettro,

ci sono nel cervello corridoi che superano gli spazi materiali."
Maximilian Nisi ha scelto questi versi di Emily Dickinson per introdurre il programma: «L'immagine dello "spettro" che abita un luogo, anche se vuoto, crea un'atmosfera di mistero e di tensione, perfetta per una rappresentazione teatrale. - racconta nelle sue note - Gli spettri che abitano i corridoi della mente non hanno tempo, sono presenza e assenza, sono il sempre. Non ti abbandonano mai, anzi si nutrono delle insicurezze, dei limiti, dei dolori e si rafforzano. Vanno oltre la realtà, oltre gli spazi materiali, per assumere la stessa consistenza dell'anima.»
I personaggi femminili evocati sulla scena attraversano i più profondi corridoi interiori, trasformando il dolore, l’ingiustizia e l’abbandono in una nuova libertà. Il teatro si fa spazio sacro di rivelazione, bellezza e riscossa: è un invito a guardare negli occhi le ombre per poterle, finalmente, attraversare insieme.

«Ho sempre pensato che un Festival importante e prestigioso come quello di Borgio Verezzi dovesse avere una rassegna off.» - afferma Nisi - «Per poter dare spazio anche a quella drammaturgia che non è conveniente rappresentare in una piazza. Le grotte potranno dare degna ospitalità a tutto quel teatro più interiore, più intimo che in uno spazio aperto estivo, per tematiche, mezzi o presenza, verrebbe snaturato. Quest’anno desideravo dar voce alle esperienze femminili, spesso trascurate o sotto-rappresentate nel mondo dello spettacolo. Il teatro può essere un potente strumento per promuovere l'uguaglianza di genere e combattere gli stereotipi. Inoltre, può offrire nuove prospettive e spunti di riflessione su temi importanti come l'emancipazione femminile, la violenza di genere e la parità dei diritti.»
«Dopo la prima esperienza dello scorso anno siamo veramente felici di essere riusciti a dare continuità al progetto “off”. - conferma Mattia Rolando, consigliere comunale di Borgio Verezzi con delega al Festival e al Commercio - Quest’anno in scena sei spettacoli che intratterranno il nostro pubblico fino quasi a ridosso degli spettacoli in piazza Sant’Agostino, che cominceranno il 12 luglio. Il nostro Direttore Artistico ha deciso di dedicare questa rassegna alla figura femminile e credo che, in un contesto storico in cui ancora troppe donne subiscono quotidianamente discriminazioni, abusi e silenzi sia un piccolo ma significativo atto dovuto di resistenza e speranza. Ringrazio a nome dell’amministrazione comunale la cooperativa Arcadia per ospitarci nelle Grotte di Borgio Verezzi, fiore all’occhiello del nostro Paese.»
Calendario

Venerdì 23 maggio
NON FUI GENTILE, FUI GENTILESCHI
omaggio ad Artemisia Gentileschi di Roberto D’Alessandro e Federico Valdi
con Debora Caprioglio, regia di R. D’Alessandro, scene e Costumi Roda.

Siamo nello studio di pittura di Artemisia, e lei è intenta a fare quello che di più ha amato fare nella vita: dipingere. Ci parla e ci racconta di sé, della sua vita a partire dall’infanzia. La perdita della madre, la vita di una bambina in una Roma del seicento. Artemisia capisce da subito quanto è difficile vivere in un mondo di uomini. Eppure, in questo mondo di uomini il padre, Orazio Gentileschi, la avvia subito ad un mestiere in cui le donne non erano nemmeno contemplate, la pittura. Presto lei si distingue rispetto ai fratelli ed ha una passione che la tiene ore ed ore a disegnare un viso fino a quando non ne coglie la somiglianza. Il padre le fa conoscere i più grandi pittori del suo tempo, addirittura Caravaggio, e la affida all’amico Agostino tassi perché impari e migliori nell’arte della pittura. Ma il Tassi un giorno abusa di lei. Questo trauma e il processo che ne è derivato, voluto dal padre, segnano profondamente la vita artistica di Artemisia. Tutto quello che ne consegue e tutto quello che lei ha compiuto per affrancarsi e affermarsi la rendono una figura di riferimento nella storia della lotta delle donne per la conquista dei propri diritti.

La pittura di Artemisia è potentemente drammatica. Lo stile è quello caravaggesco, con forti chiaroscuri, e il raggio di luce rivelatore che nel caso della Gentileschi non rappresenta la grazia di Dio, ma la giustizia divina che si abbatte su Oloferne per mano di Giuditta o che condanna i vecchioni pronti ad importunare la povera Susanna. Lei con passione ci racconta tutto, ci mostra le sue tele, ce ne spiega la ragione, le circostanze da cui sono nate. Ci racconta i suoi trionfi, le sue sconfitte e la lotta contro un sistema che la vorrebbe a casa ai fornelli, ad accudire la figlia. Ma lei è la Pittura, come ci dice nell’allegoria che fa di un suo autoritratto: non può fare altro che dipingere. Ci racconterà tutto, scenderà nell’abisso della violenza subita, salirà nel paradiso dell’Arte. E noi assistiamo alla meraviglia di una grandissima pittrice che risplende della sua vittoria su un mondo governato da uomini.

Venerdì 30 maggio
MOI
Un testo di Chiara Pasetti dedicato a Camille Claudel
con Lisa Galantini, regia di Alberto Giusta. Costumi di Morgan – Maison Clauds Morene. Elementi scenici di Renza Tarantino. Realizzato dall’Associazione culturale Le Rêve et la vie in collaborazione con TieffeTeatro Milano.

La storia della scultrice Camille Claudel (1864-1943) è tanto appassionante quanto drammatica, e ancora troppo poco conosciuta, specialmente in Italia. Scultrice e artista di eccezionale talento, frequentò l’Accademia Colarossi a Parigi dove conobbe Auguste Rodin, di cui divenne allieva e modella e con il quale intrecciò una relazione tormentata, dall’epilogo doloroso per entrambi.

Agli inizi del Novecento, fosse all’apice del successo, si isolò sempre di più fino a condurre una vita estremamente solitaria. Nel marzo del 1913, pochi giorni dopo la morte del padre, venne internata presso la clinica psichiatrica di Ville-Évrard su richiesta della madre e del fratello Paul, con la diagnosi di paranoia delirante. L’anno successivo venne trasferita presso l’asilo pubblico per alienati mentali di Montdevergues presso Avignone, dove restò fino alla morte avvenuta a quasi settantanove anni, il 19 ottobre del 1943. Morì sola, abbandonata da tutti, dopo trent’anni di internamento in manicomio. Venne sepolta nel cimitero dell’ospedale in una fossa comune. Nemmeno il suo nome sulla lapide, ma l’anno del decesso e il suo numero di matricola: 392. Soltanto negli anni Ottanta del Novecento le sue opere hanno cominciato a essere studiate e valorizzate come meritano e la sua figura è stata oggetto di mostre, biografie, cataloghi ragionati. Nel 2017 ha aperto il primo museo a lei interamente dedicato (il Musée Camille Claudel, a Nogent-sur-Seine).

Venerdì 13 giugno
CLITENNESTRA
di e con Anna Zago, regia di Piergiorgio Piccoli, luci e fonica di Franco Sinico.
Realizzato dall’Associazione Theama Teatro.

Clitennestra è il prototipo dell’infamia femminile: crudele, violenta, adultera e assassina è l’incarnazione del male e delle scelte scellerate: per i Greci è una kynopis, faccia di cagna, un vero e proprio mostro. Uccide il marito Agamennone e la sua amante, la schiava Cassandra, a colpi di scure. Ma Anna Zago racconterà in scena anche un’altra storia, una vicenda a lungo taciuta, fatta di soprusi, attese e tradimenti che la narrazione ufficiale del mito ha spesso censurato. E la storia di questa Clitennestra, non tanto diversa dai numerosi casi di donne criminali dei nostri giorni, offre lo spunto a importanti riflessioni sulla natura del diritto e della giustizia, sullo stupore come scoperta e come delusione, come improvvisa rivelazione della durezza della vita.

La complessità e la modernità del personaggio sono innegabili: la sua inquietudine, la sua sete d’indipendenza, la sua determinazione, la sua tragicità. Clitennestra ha tradito, ma è stata tradita, ha ucciso il marito, che aveva ucciso e sacrificato agli dei la loro figlia Ifigenia. E l’urlo di dolore, la rabbia sconfinata, la solitudine sofferta, l’infinito desiderio di vendetta, ci sono tutti nel potente monologo. Il verdetto è già scritto: nessuna possibilità di redenzione, Clitennestra è una donna non rieducabile. Ma forse, questo nuovo tribunale potrebbe forse giudicarla diversamente. Emarginata e confinata dal mito nel girone infernale dei colpevoli e dei reietti, la Clitennestra racconatta da Anna Zago rovescia questo gioco, sfrutta la nostra necessità di sentir perdonate le nostre colpe attraverso lo specchio oscuro delle sue, per spiegarci cosa l’ha condotta dentro la gabbia dell’onta e del disprezzo. Noi torniamo da Clitennestra per liberarci dal male; Clitennestra viene a noi e ci chiede, a sua volta, di liberarla. E in questo feroce, disperato rapporto, c’è tutto il senso sacro del teatro.

Sabato 21 giugno
LADY D.
di Annalisa Favetti, Pino Ammendola con la collaborazione di Clelia Ciaramelli
con Annalisa Favetti, regia di Pino Ammendola. Scenografie di Giuseppe Santilli.
Spettacolo prodotto e distribuito da Nicola Canonico per la Good Mood.

Subito dopo l’incidente stradale sotto il tunnel del Pont De L’Alma a Parigi, dai rottami fumanti dell’auto, si libra la voce di Lady D, la principessa piu’ amata nel mondo, in una sorte di delirio premorte, inizia a raccontare la sua storia conducendo gli spettatori nel suo mondo più intimo e segreto. Lo spettacolo Interpretato da Annalisa Favetti ci restituisce attraverso il racconto la dolcezza, la grinta e lo strazio di Lady D come donna, come essere umano che soffre, che sbaglia, ma che trova sempre una via per riprendersi… lo scettro della vita.

Sabato 28 giugno
IO SONO PENELOPE
(guariscimi amore dal male d’amore)
scritto e diretto da Fabrizio Lopresti
con Fiorenza Pieri, la partecipazione nel ruolo di Ulisse di Fabrizio Lopresti e in video di Paolo Pilosio, Giuseppe Provato, Fabrizio Giacomazzi, Francesca Lorusso. SuperbaProduzioni. Abito di Penelope realizzato dallo stilista Pierangelo Masciadri.

Lo spettacolo narra la storia di Penelope - liberamente tratta dall’Odissea e dalle notizie che ci sono giunte tramite la Storia - nei venti anni passati ad attendere il ritorno ad Itaca da Troia del suo amato Ulisse, che l’ha lasciata sola e con un’isola intera da governare.

Cosa faceva, qual era la sua storia, come ha incontrato Ulisse, quanto dolore ha dovuto sopportare questa giovane donna che ha visto partire il suo sposo per la guerra? Il testo ci riporta ad una visione umana e non solo epica di una ragazza divenuta tutt’a un tratto Regina di Itaca e sposa di un uomo conosciuto in tutta l’Ellade e non solo, con l’appellativo di “eroe dal multiforme ingegno”.

Penelope avrebbe voluto che Ulisse fosse rimasto al suo fianco, avrebbe voluto veder crescere insieme il loro amore, condividendo esperienze fino ad invecchiare insieme. Donna ancora acerba d’amore anche carnale, si ritrova sola a combattere con la paura, la nostalgia, le incombenze, i doveri. Lei che avrebbe voluto solo tenere per mano il suo sposo, lo vede partire per una guerra inutile, che sarebbe servita solo ad accrescere il potere di Agamennone, privandoli della loro stessa felicità. Ma chi è realmente Penelope? E’ una ragazza palestinese che perde il suo uomo in guerra, è una donna russa che vede partire il suo amato per il fronte a combattere in una guerra ingiusta, è una sposa ucraina che vede il suo uomo difendere la terra dove sono nati dall’invasore, è una madre ebrea che soffre per il figlio disperso, che non dà più notizie. Penelope è ogni donna che ritiene che la guerra sia sempre ingiusta e resiste alle avversità per mantenere in vita la sua famiglia, in piedi la sua casa.

Grotte di Borgio Verezzi
Via Battorezza, 5 - Borgio (Savona)

Orario spettacoli
ore 21.30

Biglietti
intero € 20,00 - ridotto € 18,00

www.festivalverezzi.it

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